Quasi in concomitanza con l’epilogo della serie tv I liceali, il 23 gennaio del 2011 la Rai lancia Fuoriclasse (2011-2015, qui l’intro della prima stagione).
La serie, diretta da Riccardo Donna e tratta dai racconti Ex cattedra, Fuori registro e Sottobanco di Domenico Starnone, anche grazie ad un cast di attori non solo celebri ma anche ben centrati nei loro ruoli, riesce a coinvolgere lo spettatore, accompagnandolo in un mondo di tematiche molto vaste e per nulla banali.
Il liceo Caravaggio di Torino sta per chiudere, come fare per salvarlo? In base a quali criteri uno studente, al di là del rendimento scarso, lo si deve rimandare-bocciare-promuovere? Riuscirà un timido e impacciato professore di Matematica ad entrare nel cuore di una professoressa di Lettere? Riuscirà il giovane Frasca a fare coming out in modo pacifico e consapevole? Il ragazzo tra l’altro si innamorerà anche di un suo professore, un amore impossibile volto a metaforizzare una identità sessuale in continua evoluzione, mal tollerata (purtroppo) inizialmente dai genitori. Il ragazzo sarà aiutato nel suo percorso di accettazione dalla Preside e dal suo compagno di scuola, Soratte, il quale ci porta a un ulteriore interrogativo che la serie ci pone dinnanzi: la rabbia e la violenza smisurate di un gigante potenzialmente buono come Soratte, dovute alla mancanza dei genitori, saranno convogliate infine in un percorso creativo e umano? Queste sono alcune delle moltissime domande a cui la prima stagione, nei suoi 12 episodi, dovrà (e riuscirà) a dare una risposta.
Ciascun episodio della prima stagione (la più lunga tra le 3), inizia generalmente con la protagonista della serie, Isabella Passamaglia (Luciana Littizzetto), professoressa di Lettere, che si sveglia per andare al lavoro e finisce con la magica campanella, che non solo decreta la fine delle lezioni, ma anche di quel raccoglitore (o contenitore) di temi che può essere narrato solo attraverso gli occhi della scuola. Ci sono varie storyline, appassionanti e appassionate, a cui lo spettatore può interessarsi: la prima, più originale e prettamente italiana, è quella della preside della scuola. Nella donna-preside-suora emerge prepotentemente il rapporto tra femminilità, laicità e religiosità (nella serie è ricorrente la gag nella quale i genitori e professori la chiamano alternativamente suora-madre e sorella), e alla fine, pur mettendo al primo posto il suo ruolo laico, per il bene della scuola, farà qualche chiamata ai “piani alti”, scomodando addirittura un monsignore.
Questa sottotrama rivela in modo chiaro la difficile convivenza tra il credo laico e quello cristiano nella scuola italiana, tanto che, appena insediata, la preside, per sottolineare il suo ruolo, al posto del crocifisso farà mettere in bella vista per la scuola delle foto del Presidente della Repubblica italiana (all’epoca Giorgio Napolitano). La femminilità invece emerge quando dovrà affrontare un vecchio fantasma del suo passato, quando ancora non aveva preso i voti.
Al secondo posto, più per importanza gerarchica che per sostanza, ci sono le vicende di: una professoressa di Lettere (la sopra citata Littizzetto), con un marito dentista, presente-assente, dal quale sta divorziando e con un figlio adolescente (Michele) con cui non riesce ad entrare in sintonia. Isabella Passamaglia è intenta a risolvere i problemi degli altri (i suoi studenti) non pensando ai suoi; un professore di Matematica, Enzo Vivaldi (Fausto Maria Sciarappa), ne è innamorato e vuole a tutti i costi adottare un bambino, ma non lo può fare da single per via delle limitazioni della legge italiana, senza contare il fatto che stia divorziando.
In secondo piano poi ci sono varie sottotrame di professori di Filosofia che tengono più al registro che alla loro vita, di professori che abusano di studenti (maggiorenni), ma comunque fragili e spaventate e per questo – in una memorabile sequenza – vengono allontanati e spediti in uffici “senza aria condizionata”. Tra tutte le sottotrame ne spicca una, che emergerà meglio nella seconda stagione, di un professore di Lettere, Salvatore Lobascio, interpretato splendidamente da Ninni Bruschetta (che in contemporanea stava girando Boris), professore, e quasi immediatamente vicepreside, intento a fare di tutto per mantenere il potere, con una moglie con cui non va d’accordo e con un figlio dove – lo si vedrà meglio nella seconda stagione – per lui è fondamentale il suo rendimento scolastico. L’arco evolutivo di Lobascio è particolarmente interessante perché inizia con il mostrarci un arrampicatore sociale, una persona infìda, chiusa e anaffettiva, per poi gradualmente mutare e mostrarci la redenzione e l’amore per il suo lavoro, sia a tratti già a metà della prima stagione, sia soprattutto dalla seconda stagione in poi.
In fondo alla scala gerarchica c’è poi il meraviglioso mondo degli studenti – altra parte della barricata – con tutti i loro problemi e insicurezze. Nella migliore tradizione dei teen drama, tutti gli interpreti, eccetto il figlio della Passamaglia (Michele) e pochi altri, sono più che maggiorenni. La psicologia dei ragazzi è molto differenziata tra le varie classi: terze e quinte. Non ci sono stereotipi tout court: c’è il ragazzo di bell’aspetto, ma non è lo Sceicco bianco felliniano o il Gastone petroliniano. C’è la ragazza insicura di sé, che non si vede bella, e per questo finirà nelle grinfie di un professore di scienze. C’è il ragazzo che va male a scuola, ma che è saggio nei consigli. Tra le terze spiccano la ragazza disabile, che, come la migliore delle favole, sarà prima ignorata e poi accudita e protetta dal gigante Soratte, provocando in lui reazioni da “Cor gentile” guinizelliano-stilnovista.
Il gigante appare come insensibile e violento ma è quello che ha gli occhi più veri: non solo diventa il paladino della giustizia aiutando la sua amica disabile, ma aiuta anche un suo compagno a fare coming out (tematica di grande rilievo l’omosessualità, purtroppo solo accennata nella serie).
Infine ci sono gli outsider, come il già citato marito della professoressa Passamaglia, interpretato in modo non troppo convincente da Neri Marcorè, che incarna alla perfezione la figura del padre assente-ma presente che si palesa nei momenti del bisogno. Ma questa presenza vacua e imperfetta non può bastare a un giovane di 13 anni e avrà delle conseguenze sul suo rendimento scolastico, tanto che si innamorerà di un’insegante dalla quale prende ripetizioni.
Menzione speciale, ma doverosa, va al comparto sonoro con le squillanti, ma anche struggenti, melodie de’ La Femme Piège, che ci sorprende con brani come Sibilla danza con gli zingari.
La prima stagione di Fuoriclasse – ma mi sento di consigliare anche le successive due – va vista, ma questo atto lo si deve fare con gli occhi sì critici dell’adulto o dell’accademico, ma anche con il piglio adolescenziale, scanzonato, del “come eravamo noi quando…”; altrimenti la magia delle parole e del mondo scolastico-familiare si dissolverà in una bolla di sapone. In definitiva, la prima stagione della serie riesce magistralmente a raccontare il microcosmo del mondo scolastico e allo stesso tempo a unificare le vicende esterne alla scuola con quelle interne in un unico compendio di immagini variegate e mai banali che ha tutto tranne che il sapore di un pamphlet rinascimentale. La scuola c’è, esiste, e Fuoriclasse ce la mostra con grande serietà e con tutti i suoi mille problemi: umani, economici e sociali.