Luci fredde, suoni ovattati. Il display di una telecamera si accende, mostrando il volto tumefatto di una giovane donna bionda. Lei fuma una sigaretta tenendo lo sguardo basso. Ostentando comunque una certa calma. Dopo qualche momento vediamo come le pareti scarne e logore attorno a lei convergano in delle sbarre verticali di metallo. Una serie di domande ci colpisce in breve successione. Chi è quella donna? Come ha fatto a finire in galera? E soprattutto…cosa le hanno fatto? Gioco di Fiducia (trailer), ultimo film diretto da Martin Makariev, è la proposta della Bulgaria per l’annuale FrancoFilm Festival. Sin dalle premesse, piuttosto semplici, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un esperimento tanto interessante quanto spinoso.
Da un lato, infatti, è manifesta, fin dal primo fotogramma e dalla tagline, l’intenzione di affrontare un argomento incredibilmente attuale: «Storia di donne forti che difendono il loro libero arbitrio».Un pitch che lascia ben poco spazio al dubbio. Gioco di Fiducia vuole trattare l’annoso tema della violenza di genere. Argomento che, specie negli ultimi mesi, è rimbalzato di bocca in bocca, suscitando un numero sempre crescente di discussioni, liti e mobilitazioni. D’altra parte però Makariev, per come racconta e dirige le scene, vuole indubbiamente emanciparsi dal concetto di film a tesi. Creando quindi un prodotto per un pubblico più vasto che possa comunque veicolare un messaggio. Obiettivi, bisogna dirlo, complicati da far convivere nella stessa opera. Tuttavia non si tratta certo di una missione impossibile.
Il film, strutturalmente, si può dividere in due parti. L’intreccio è infatti composto da due vicende separate ma complementari. Presentate in un classico montaggio alternato, sfruttando talvolta situazioni analoghe, frasi ripetute, o transizioni visive, come mezzo per passare da una vicenda all’altra. La prima, e più corposa, è ambientata diversi decenni nel passato, durante il governo del partito comunista Bulgaro. La protagonista, Daniela (Yana Marinova), è una madre single divorziata in cerca di un lavoro stabile ed un’agognata quanto apparentemente improbabile indipendenza. Tuttavia i due uomini più importanti della sua vita, il suo ex marito ubriacone e misogino e il suo datore di lavoro, un ufficiale dell’esercito approfittatore e arrivista, faranno di tutto per evitare che questo accada.
La seconda storia invece è ambientata ai giorni nostri e segue le vicende di Elena (Luiza Grigorova), la figlia di Daniela. Elena è una giovane donna in carriera che crede di aver trovato il compagno ideale in Stefan (Aleksandar Dimov), un imprenditore tanto di successo quanto bisognoso di avere il controllo e prevalere in ogni aspetto della sua vita. Tuttavia non appena lei rimarrà incinta scoprirà la vera “bestia” sopita dentro il proprio compagno. Da piccoli gesti d’affetto la situazione presto precipiterà, non appena Elena vedrà togliersi senza motivo tutte le libertà che credeva di possedere. Questo perché: «Non vuole permetterle di fare cattive scelte».
Durante la visione del film, drammatico, denso ma comunque molto lineare, l’emozione che prevale su tutte è una continua sensazione di acqua alla gola. Come sapere in anticipo che un aereo precipiterà, ma riconoscere purtroppo di non poter far nulla per intervenire. Cercando di spoilerare il meno possibile, si può affermare che buona parte dell’intreccio è generalmente ben congegnato. Tuttavia il film non avrebbe certo risentito di qualche taglio in più, essendo presenti diverse scene doppione che poco aggiungono al flusso narrativo del film. Allo stesso tempo se buona parte del racconto risulta incredibilmente coinvolgente, empatico e interessante, lo stesso non si può dire per l’epilogo. La soluzione adottata negli ultimi minuti (soprattutto durante la storia di Elena) risulta infatti talmente affrettata e repentina da poter essere definita un moderno deus ex machina.
Un grande plauso invece lo si può senz’altro fare al lato tecnico del film. La fotografia è decisamente di livello, generalmente interessante e variegata. I costumi, le scenografie e la ricostruzione storia (nella vicenda di Daniela) sono davvero sopraffini, al punto di farti dimenticare di star guardando una storia di finzione.
Ottime anche le interpretazioni di buona parte degli attori, generalmente in parte e coinvolgenti. Unico neo in tal senso è forse la colonna sonora. Si tratta di brani di buona fattura e ben orchestrati, tuttavia il loro uso nel film risulta decisamente eccessivo, come un buco nero intento a inghiottire al suo interno ogni altro suono.
In conclusione, come giudicare Gioco di Fiducia? Senz’altro gli obiettivi preposti sono in buona parte raggiunti. Al di là di qualche incertezza di scrittura e tecnica, il risultato è sicuramente da promuovere. Di certo però si consiglia la visione solamente a chi abbia ben presente che non uscirà dalla sala con il sorriso (per ovvi motivi).