Fleabag (Trailer), la serie TV britannica che ha consacrato Phoebe Waller-Bridge come sceneggiatrice e attrice, è andata in onda per la prima volta su BBC Three nel 2016. Distribuita globalmente da Amazon Prime Video, la serie – con la direzione di Tim Kirkby e Harry Bradbeer – si è imposta presto come fenomeno di culto per il suo humor cinico.
La protagonista – una giovane donna inglese che «arranca maldestramente tra le calamità della vita»[1] – non ha eguali nel panorama della serialità perché presenta senza filtri le contraddizioni che si iscrivono nell’universo umano e ridisegna le condizioni per un femminismo sostenibile e adeguato alle esigenze della contemporaneità. Ma non è tutto: Fleabag ha la capacità di mostrare il potenziale – in termini di prolificità – dell’incontro tra linguaggi.
La serie TV nasce da un testo teatrale, scritto e interpretato dalla stessa Waller-Bridge, e si configura come il campo dove gli autori lasciano interagire le strategie proprie del monologo teatrale e quelle della narrativa televisiva: non una semplice traduzione intersemiotica, ma una riflessione autentica e appassionata sui media e i possibili legami che questi possono instaurare.
La prima versione di Fleabag debutta al London Storytelling Festival nel 2012, quando Waller-Bridge porta sul palcoscenico un monologo comico di dieci minuti, in cui il suo personaggio compare abbozzato per la prima volta. Una «stand up-thing»[2] stilizzata destinata ad assumere l’anno dopo le sembianze di un vero e proprio spettacolo. Questo, dopo il debutto al Soho Theatre Studio di Londra, arriva al Fringe Festival di Edimburgo e diventa oggetto di una pluriennale tournée. In moltissimi corrono a ridere e commuoversi con il personaggio di Waller-Bridge, che al centro del palco si abbandona al suo flusso di parole senza nessuna spalla: l’occhio di bue è su di lei; solo ogni tanto i personaggi paralleli intervengono sottoforma di voci pre-registrate. L’unico vero dialogo che la protagonista instaura è quello con la platea. La quarta parete è squarciata sin dalla prima battuta.
In televisione la caratterizzazione della protagonista e la sua traiettoria non cambiano. Al centro della storia rimane la trentenne incasinata della pièce: una ragazza arrabbiata, ossessionata dal sesso e dal cattivo gusto e votata all’auto-sabotaggio, capace di essere allo stesso tempo anche arguta, viva e passionale[3]. Una donna che «non scava e non si eleva, nonostante esperisca l’alto e il basso […]» una donna «che vive ai margini in un modo o nell’altro, e si rifiuta di […] vivere una vita preconfezionata da qualcun altro»[4]. Gli eventi narrativi della pièce sono gli stessi della prima stagione, anticipati quasi tutti nel pilot: la relazione malata di Fleabag con il suo fidanzato Harry; un colloquio al quale la donna si presenta per un prestito; gli occasionali rapporti con uomini diversi; l’incontro con un uomo in autobus; le feminist lectures a cui Fleabag e sua sorella sono obbligate a partecipare dal padre; la promozione della sorella Claire e il suo eventuale trasferimento in Finlandia; i diverbi con il cognato viscido. La seconda stagione è, invece, autonoma: il monologo diviene serbatoio di idee, custode di semi che vengono trapiantati e fatti germogliare altrove, davanti la macchina da presa.
La televisione offre strumenti diversi: lo staff professionale è numeroso; i soldi a disposizione sono tanti; si prevede un pubblico vasto, internazionale e abituato a violare l’intimità dei personaggi. Il monologo non basta perché serve uno storytelling articolato e c’è una videocamera che non si accontenta di stare fissa e ferma. Il tempo a disposizione per raccontare è enormemente moltiplicato: lo spettacolo teatrale è uno, si basa su 50 pagine di copione[5] e dura 80 minuti[6]; i responsabili creativi della serie TV organizzano il tutto in due stagioni, ciascuna di sei puntate, per una durata complessiva di 5 ore circa. Tutti i personaggi che la protagonista cita e mima nello spettacolo assumono davanti la mdp carne e ossa e diventano l’alterità attraverso cui si compie la traiettoria di questa, non più solo riferita ma concretamente agita. I personaggi escono dal flusso nominale del teatro e appaiono sullo schermo, esibendo il loro carattere attivo. Non sono più nomi o semplici voice over, ma attori e attrici da Oscar, come Olivia Colman che interpreta la Matrigna.
Rimangono preservate, rispetto al medium originale, l’effetto funny/not funny[7] e la focalizzazione interna. Le modalità narrative libere della confessione vengono riplasmate, ma rimane intatto il meccanismo di sottile disvelamento della finzione, messo in moto a partire dal superamento del confine che separa la vicenda narrata da chi la fruisce. A tal proposito ha scritto Marina Pierri che Fleabag «del medium differente, cioè non televisivo, ha mantenuto lo sfondamento della quarta parete, che oggi è riconosciuto come sua cifra»[8]. Lo statuto privilegiato assunto dalla protagonista nel narrare non è infatti ribadito in TV solo dall’estensione dello spazio concesso a lei e alle sue battute, ma dalla sua abitudine a rivolgersi apertamente all’obiettivo, guardandoci negli occhi. La ragazza «giudica, parla con lo spettatore, anticipa le reazioni dei suoi interlocutori, li ridicolizza, ne svela così i lati oscuri e le caratteristiche tragicomiche»[9]. La serie TV tradisce così il suo legame col teatro, attraverso questi a parte monologici che, così nella sala teatrale come sul divano, all’inizio disorientano, poi guidano e illuminano il racconto.
È in questo modo che la televisione ridiscute le istanze del teatro. La successione per blocchi dei fatti – propria di Fleabag e della stand-up comedy in generale – viene introdotta nel prodotto tv attraverso la costruzione narrativa per gag. Così come a teatro, anche su Amazon Prime Video, gli ideatori lavorano per costruire corrispondenze tra linguaggio e contenuto, riproponendo la caotica esperienza della protagonista anche attraverso le stesse modalità espressive. A teatro ci sono gli sketch; in televisione micro-momenti, che – grazie anche al montaggio frenetico e selettivo e alla ricorsività del flashback – segmentano il running plot in una sorta di antologia dei picchi comici e drammatici della vicenda. In questo modo, a prescindere dal medium, chi guarda non vive una semplice esperienza immersiva, ma è anche sollecitato ad assumere una particolare posizione d’ascolto. Tornano utili ancora una volta le parole di Pierri, che definisce quella di Fleabag proprio come «un’esperienza ascensore […] che funziona perfettamente e trasporta anche noi nelle viscere della Terra, ad altezze estreme e a piani nel mezzo»[10].
Molti sono i creativi che hanno indagato i punti di contatto tra espressioni artistiche e sono partiti da questi per rigenerare e arricchire la produzione. Basta pensare alla fecondità dell’interferenza – non certo nuova – tra letteratura e cinema. In questo senso Fleabag tenta qualcosa di nuovo. La serie TV, esibendo la sua riuscita compiutezza, rivela in modo inedito il potenziale del connubio tra due media cosi apparentemente distanti come il teatro e la serialità on demand.
[1] S. Capitani, La necessità di una serie come Fleabag, in «L’Amletico», luglio 2020.
[2] L. Rosen, ‘Fleabag’s’ Phoebe Waller-Bridge rides a career launched by a 10-minute sketch, in «Los Angeles times», giugno 2017.
[3] M. Longo, Phoebe Waller-Bridge: la solitudine dell’attrazione, in «Dinamopress», ottobre 2019.
[4] Rintracciato da Marina Pierri, Fleabag incarna l’archetipo della Folle, del Trickster o Briccone. Tale archetipo è nelle sue manifestazioni più nette «la riproduzione di una coscienza umana ancora indifferenziata sotto ogni aspetto, corrispondente a una psiche che abbia appena superato il livello animale» cfr. M. Pierri, Eroine. Come i personaggi delle serie tv possono aiutarci a fiorire, Tlon, Roma 2020 p. 241.
[5] Si fa riferimento al testo teatrale pubblicato in P. Waller-Bridge, Fleabag: The Special Edition, Nick Hern Books, Londra 2019.
[6] Si fa riferimento alle riprese di uno spettacolo dell’agosto del 2019 al Wyndham Theatre di Londra. Il video è stato distribuito al cinema nei paesi anglofoni nel settembre 2019, e reso disponibile in streaming sul portale Soho Streaming On Demand nell’Aprile 2020.
[7] P. Waller-Bridge, Fleabag: The Special Edition, op. cit. p. 14.
[8] M. Pierri, Eroine. op. cit. p. 245.
[9] E. Di Pinto, Fleabag, la rivoluzione della dark comedy, in «Spettacolo», 13 agosto 2020
[10] M. Pierri., Eroine, op. cit., pp. 248-249.