Il tema della famiglia è sempre stato presente nel mondo dell’arte narrativa. Conflitti, accordi, intrighi, traumi ed affetti: sono questi gli elementi che definiscono i rapporti umani, proprio a partire da dove essi iniziano a stabilirsi. Per quanto possa sembrare inaccettabile, infatti, è inutile negare che è proprio la famiglia il luogo in cui l’individuo inizia a rapportarsi con i suoi simili e a covare, dentro di sé, anche sentimenti negativi. Dapprima attraverso gli affetti, il bene e la disponibilità nei confronti del prossimo, l’individuo riesce ad accettare tutto ciò che lo circonda, complice il fatto di non aver alcuna presa di coscienza sulle dinamiche sociali che definiscono il rapporto tra lui e i suoi simili. Successivamente, è molto facile che inizino a manifestarsi emozioni contrastanti come rancore, invidia e menefreghismo, anche nei confronti delle persone più care, con cui si è cresciuti o con cui ci si è ritrovati a condividere momenti importanti della vita.
È il conflitto ciò che smuove l’esistenza: ogni scelta con cui ci si scontra, che prevede una decisione da parte dell’uomo, determina un conflitto interiore che deve essere affrontato. Anche nelle situazioni più abitudinarie ed appartenenti alla quotidianità, tutti i movimenti dell’individuo verso l’esterno sono motivati da un bisogno interiore. Eppure, può accadere a volte che questo conflitto venga evitato, raggirato, surclassato: fino ad un momento in cui non è più possibile accantonarlo e ci si ritrova ad affrontarlo anche in situazioni estreme ed inaspettate.
È proprio questa la realtà che viene descritta in Festen – Festa in famiglia (trailer) scritto e diretto da Thomas Vinterberg, uscito ormai alla fine del secolo scorso e vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes del 1998. Il successo relativo al film è strettamente correlato al Dogma 95, un movimento cinematografico nato nella metà degli anni ’90 di cui Vinterberg è stato il co-fondatore insieme al regista, amico e collega, Lars Von Trier. I due sarebbero riusciti, in seguito, a convincere altri registi danesi a firmare questo statuto.
Il manifesto Dogma 95 è stato reso ufficiale a Copenaghen il 13 marzo del 1995, insieme ad una serie di regole e limitazioni particolarmente rigide da dover rispettare per tutti coloro che avrebbero scelto di aderire ad esso, come il fatto di eliminare gli effetti speciali, utilizzare solo ed esclusivamente la camera a mano e di conferire un’impronta documentaristica alla messa in scena senza l’utilizzo della colonna sonora. In riferimento a questo, il film di Vinterberg è l’esordio al cinema del Dogma 95, poiché si tratta del primo e più influente lungometraggio che ha aderito alle regole del manifesto. Ciò ha portato il regista ad esser considerato una figura rappresentativa per la rinascita del cinema indipendente degli anni ’90. Imitato da pochi e criticato da molti, Vinterberg ha comunque fatto molto parlare di sé grazie a Festen – Festa in famiglia. Sebbene egli si sia successivamente allontanato dal Dogma 95, il film lo ha portato ad essere riconosciuto come uno dei più importanti registi contemporanei.
La pellicola narra la storia della grande famiglia Klingenfeldt, riunitasi in un’enorme tenuta che fa da villa e da albergo, in occasione del sessantesimo compleanno del patriarca, Helge (Henning Moritzen). Alla festa sono presenti i suoi tre figli: il primogenito Christian (Ulrich Thomsen), l’irascibile e indesiderato Michael (Thomas Bo Larsen), sposato e padre di due figlie e la giovane Helene (Paprika Steen). Durante la cena, Christian viene invitato a proporre un brindisi e, durante il suo discorso, accusa apertamente il padre di aver abusato di lui e di sua sorella Linda (quest’ultima suicidatasi l’anno precedente), quando ancora erano bambini. Da qui, ecco scaturirsi i conflitti interiori da parte dei personaggi: Helge deve fare i conti con il suo passato e con il modo in cui esso si manifesta, cercando di evitare che la sua immagine possa essere distrutta agli occhi di tutti nel giorno del suo compleanno; Christian si rende conto di dover affrontare il suo trauma, che lo attanaglia sin da bambino e che non è più in grado di tenere per sé; Michael, cercando di ottenere in eredità la massoneria del padre, promette a quest’ultimo di impegnarsi affinché tutto vada per il verso giusto durante i festeggiamenti, scontrandosi per questo più volte con le accuse mosse da Christian; Helene, infine, viene in possesso di una lettera di Linda, scritta da quest’ultima prima di suicidarsi, in cui sono contenute dichiarazioni che alimenterebbero ancor di più la gravità della situazione.
Questi traumi, con cui i personaggi devono convivere per gran parte del film, definiscono il nucleo centrale della narrazione e dei rapporti familiari: tutto ciò che i protagonisti provano interiormente verrà messo “sul piatto” di ognuno degli invitati durante la cena. La vicenda portata alla ribalta da Christian, in un passato che sembrava nascosto per sempre, torna generando dubbi, rancori e disagi in ognuno dei personaggi, riportando alla luce un segreto nascosto da tempo in tutta la sua crudezza. Lo spaesamento vissuto dai protagonisti nel dover affrontare per la prima volta la realtà dei fatti, si ripercuote anche sul mondo esterno: il loro conflitto interiore genera, a sua volta, ulteriori conflitti nella realtà circostante, in un’escalation di litigi e discussioni, tra lo sguardo attonito di tutti quanti i commensali che assistono impotenti ai traumi nascosti di una tipica famiglia borghese.
Aderendo ai tratti tipici del Dogma 95, Vinterberg fa vivere allo spettatore la stessa condizione di imbarazzo in cui si ritrovano tutti gli invitati dopo aver assistito al racconto di Christian: la messa in scena (caratterizzata da telecamera a mano, montaggio frenetico, scavalcamenti di campo e colori spenti dovuti alla desaturazione della fotografia) definisce la rottura di un entusiasmo collettivo, che si palesa anche attraverso la tecnica utilizzata dal regista. Gli animi diventano sempre più accesi, gli equilibri dei rapporti iniziano a rompersi, uno strano senso di spaesamento si diffonde tra gli invitati: dinanzi alla gravità dei fatti, risulta impossibile restare indifferenti ai discorsi che si vorrebbero evitare, ma a cui tutti sono costretti ad assistere a causa delle circostanze.
Vinterberg, quindi, descrive la disgregazione familiare vissuta dal punto di vista di ognuno dei protagonisti. Il momento in cui la famiglia si riunisce per festeggiare il suo membro più anziano, diventa per Christian l’occasione per affrontare il suo conflitto interiore, ossia l’aver convissuto per anni con il pensiero degli abusi subìti dal padre, smascherando così il finto perbenismo borghese in cui è cresciuto all’insaputa di tutti gli invitati.
A questo proposito, è importante evidenziare come il tema della famiglia, condizionata da fattori esterni o episodi passati, risulti essere centrale nella poetica di Thomas Vinterberg. Esso ritorna, infatti, in molti film successivi del regista: si pensi, ad esempio, a titoli come Riunione di famiglia (2007), Il sospetto (2012) e Un altro giro (2020), quest’ultimo vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero. Vi è, inoltre, una stretta correlazione tra la tematica più affrontata nei suoi film ed un triste episodio legato alla sua vita privata: quattro giorni dopo l’inizio delle riprese di Un altro giro, infatti, la figlia diciannovenne di Vinterberg perse la vita in un incidente stradale. In un certo senso, quindi, si può dire che la morte della ragazza abbia portato la questione della famiglia in primo piano anche nella vita reale del regista. In tutta la sua tragicità, l’episodio ha colpito profondamente l’autore danese, del quale non si hanno ancora notizie su eventuali progetti futuri. Certo è che Thomas Vinterberg è l’autore che, con Festen – Festa in famiglia, ha contribuito al successo internazionale del cinema danese degli ultimi anni, essendone il più importante esponente insieme a Lars Von Trier.