È da poco uscito in libreria, il volume Fellini, Roma, scritto da Andrea Minuz, professore di cinema presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma. Il libro, (168 pg), pubblicato da Rubbettino, è interamente dedicato al film Roma di Federico Fellini, uscito nel 1972.
Approfittiamo della sua uscita per rivolgere qualche domanda all’autore del libro.
Lei si è affacciato per la prima volta a Fellini nel 2012, con il libro ‘Viaggio al termine dell’Italia. Fellini politico’. Come e quando nasce il suo approccio da studioso con Fellini?
Chiunque, per ragioni di studio, ricerca o interesse personale, ha a che fare con il cinema italiano deve prima o poi passare da Fellini. Certo, come sappiamo, Fellini non è solo un regista italiano ma è parte di quel pantheon di autori che hanno fatto la storia del cinema. Tuttavia, il mio interesse è legato proprio all’italianità di Fellini. Studiare l’universo di Fellini (che non comprende solo i suoi film ma anche la sua immagine pubblica, il suo ruolo di artista, il fellinismo) significa avere un osservatorio privilegiato per studiare l’italianità. Fellini è forse uno degli artisti più internazionali che abbiamo avuto nel XX secolo, ma allo stesso tempo anche il più profondamente italiano.
Come mai, per questo suo secondo libro su Fellini, ha scelto proprio ‘Roma’?
I motivi sono tanti, non escluso il fatto di essere nato e di lavorare a Roma (e vivere a Roma vuole dire ormai anche vivere in un pezzo di cinema di Fellini). Ma il motivo principale è in realtà quello di raccontare un film di Fellini a mio avviso poco conosciuto rispetto a titoli più noti come La dolce vita oppure 8½. Roma viene citato raramente quando si parla di Fellini, è invece un film per me tra i più sorprendenti e che merita di essere riscoperto.
Per quale motivo, secondo lei, ‘Roma’ è meno conosciuto degli altri?
Per ragioni esterne e interne al film. Quelle esterne sono numerose; a partire dal fallimento della casa di produzione nel bel mezzo delle riprese, cosa che creò non molti problemi, tra cui la decisione di Fellini, una volta tornato sul set, di sopprimere alcuni episodi, che non saranno mai girati. Un’altra sfortuna è stata indubbiamente quella di aver fatto uscire il film poco prima di Amarcord, che riscuote un grandissimo successo, offuscando l’immagine di Roma. Ma c’è un ulteriore motivo: la critica dell’epoca, molto politicizzata e ideologizzata, si aspettava da Fellini una specie di documentario che mettesse in luce gli aspetti negativi della città. Contrariamente alle aspettative, il film è invece un compendio di tutta la fantasia felliniana sulla città eterna, e a Fellini ovviamente non interessano i problemi o la storia di Roma, ma la sua cifra fantastica, il fatto che improvvisamente (come diceva anche lui) camminando a piazza Cavour sembra di ritrovarsi a Il Cairo, oppure vagando tra le strade dell’Eur si sprofonda dentro un film di fantascienza, e così via. Roma è sorprendente e a Fellini interessa questa sua dimensione spettacolare. Tra le ragioni interne, invece, c’è sicuramente l’assenza di una star e di una vera e propria trama. In realtà c’è Mastroianni che appare in un cameo, che Fellini decide poi di tagliare dal montaggio definitivo, così come quello di Alberto Sordi. Rimane quello di Anna Magnani, pur trattandosi di una breve apparizione. Roma è dunque un film senza star, perché la star del film è la città, e senza trama perché raccontare Roma (e in generale raccontare una città) è impossibile.
È una sorta di film a episodi…
Certamente. Oggi sarebbe una serie tv formidabile. Il film, come dicevo, non ha una storia nel senso trazionale del termine, è un insieme di episodi non legati tra loro, e anche questo credo abbia contribuito all’insuccesso dell’epoca.
Cosa ha scoperto di nuovo sul film?
Innanzitutto che aveva una sceneggiatura, raccolta in fascicoli, ognuno dedicato a una singola sequenza. Questo ci suggerisce non solo quanto Fellini avesse pianificato la composizione per frammenti, ma ricorda anche la grande funzione della sceneggiatura nel suo cinema, cosa spesso sottovalutata dagli studiosi per via del “mito dell’improvvisazione”, che per anni ha caratterizzato lo studio del cinema di Fellini. Fellini si avvaleva di grandissimi sceneggiatori, come Bernardino Zapponi nel caso di questo film. Normale, dunque, la propensione a realizzare uno script molto curato per ogni suo film.
In ‘Roma’ la pagina scritta a quanto è servita?
Per molte scene, come in quella dell’avanspettacolo all’interno dell’Ambra Jovinelli, o persino per la sequenza del Raccordo Anulare, che è un pezzo di pura regia. Anche in un film che è costruito come una serie di formidabili visioni di Roma, a sceneggiatura ricopre un ruolo fondamentale. E poi da un produttore ci vai con il copione in mano, non con un movimento di macchina. Fellini prima di diventare la quintessenza del regista è stato per molti anni un abile sceneggiatore.
C’è anche da dire che la critica dell’epoca iniziava a vedere Fellini un regista ‘istituzionale’. Questo, forse, il motivo per cui potrebbero aver snobbato ‘Roma’ a priori.
Fellini rappresentava appunto l’istituzione, un regista “vecchio” (nel 1972 aveva 52 anni), che avendo oltretutto osservato il Sessantotto non “da sinistra” (non è mai stato comunista), appariva portavoce di un sistema da abbattere, un cineasta che realizzava film per un pubblico borghese, ovvio quindi che molti di quei critici, soprattutto i più giovani (Fofi, ecc…), gli andassero contro. Ma questo era un problema tutto italiano, anche perché negli Stati Uniti in quegli stessi anni i suoi film aveva una vasta eco anche – e dopo un po’ soprattutto – nel mondo della controcultura giovanile, grazie alla loro profonda fascinazione visiva. Fellini poi, in quegli anni, guardava con grande interesse al mondo degli hippies e della controcultura giovanile.
Pensa che ‘Roma’ riuscirà a sollecitare l’interesse del giovane pubblico?
Lo spero. Anche perché essendo composto da una serie di sequenze autonome è paradossalmente più vicino alle abitudini del pubblico di oggi. Più vicino cioè al consumo di video su Youtube che non alla visione tradizionale di film. È una cifra specifica di molti film di Fellini, ma di Roma in particolare.