Nasceva il 20 gennaio del 1920 il genio di Federico Fellini, regista, giornalista, sceneggiatore e italiano con la “i” maiuscola che ha portato in alto il nome della cultura tricolore e l’ha resa famosa in tutto il mondo. Oggi quando si pensa all’Italia si pensa alla pizza, agli spaghetti e a Federico Fellini.
La giurisprudenza non era il suo forte, ma nessun problema, non era mai stato il suo reale interesse. Il giornalismo è ciò che gli permise di dare sfogo alla sua creatività come vignettista e creatore di dialoghi comico-satirici, cosa che non lo abbandonerà mai nemmeno quando si occuperà dei suoi primi film da regista. Come sceneggiatore e soggettista comincia a fianco di Roberto Rossellini per Roma città aperta e Paisà, film del cinema del dopo guerra meglio noti come “pionieri” del movimento neorealista. In seguito con Lo sceicco bianco fa il suo esordio alla regia mostrando da subito i caratteri che lo avrebbero distinto, un realismo onirico che non sarebbe piaciuto a molti, un umorismo alle volte estremo, grottesco e un’autoriflessività che riprende soprattutto in 8 e ½ ripercorrendo la sua infanzia in maniera complessa ed articolata.
Il sogno è infatti l’aspetto più particolare ed interessante della sua filmografia, che sembra richiamare il surrealismo, in questi casi più come un intermezzo all’azione principale del protagonista che rende più lento l’intreccio che non ha scopo di chiudersi totalmente, lasciando aperta una porta per far entrare sempre un nuovo spunto di riflessione. Fellini allude all’infanzia perduta, ai traumi passati ma anche a ciò che sarebbe voluto essere. Utilizza non a caso un uomo piacente come Marcello Mastroianni che simboleggia il latin lover italiano con la battuta pronta ad ogni situazione anche quando pronto non è. Mastroianni incarna inoltre l’uomo dannato, che non riesce a trovare la felicità in ciò che possiede, sempre alla ricerca di qualcosa che lo sconvolga (La dolce vita) o che lo faccia uscire dalla monotonia di coppia (8 e ½).
Il regista, prima di tutto un grande osservatore della società, riesce a caratterizzare persino una comparsa di passaggio facendole dire due parole ed uscire di scena, alludendo alla classe sociale a cui appartiene, alla differenza netta tra ricchi e poveri, o tra colti e ignoranti (utilizza spesso il dialetto), senza censure o peli sulla lingua. Fellini è l’uomo che riesce con un’immagine a trasferire mille significati più di una frase, un monologo. Permette di andare nel profondo dell’io e scoprire cose irrisolte, conflitti, riflette la realtà circostante facendo riferimento alle sue esperienze di vita, alle persone che ne hanno fatto parte. Sapere qualcosa sulla vita di Fellini può aiutare in merito, ma anche sforzarsi nella visione, interrompendo (se possibile) il frame e riportandolo indietro per capire il perché ha scelto di rappresentare quella scena così com’è.
Altra nota caratteristica è la concezione personale che ha della donna, come la vede e la ritrae: indipendente dall’uomo, capace di vivere senza di lui e più furba, approfittando delle situazioni quando può, riuscendo sempre a cavarsela. Si potrebbe dire che se Goldoni per il teatro è uno dei primi a dare risalto alle donne, Fellini lo è negli anni in cui governa la democrazia cristiana e un moralismo nazionale di non poco conto. Alcuni dei suoi film, in particolar modo La dolec vita, vengono addirittura proibiti in alcune sale e considerati dei tabù per le allusioni erotiche, prima di allora inconsuete nel cinema italiano o meno dirette.
Questa sua visione soggettiva della realtà e del cinema fa di lui un regista moderno secondo l’accezione utilizzata dai membri dei Cahiers du cinéma, ovvero colui che vede in maniera personale il film, un lavoro prima di tutto suo, senza nulla togliere alla capacità e bravura dei suoi collaboratori. Felliniano è tutto ciò rientra nell’universo che richiama questi aspetti reali e magici allo stesso tempo. Un mondo tutto suo che apre allo sguardo dello spettatore. Egli impressiona su pellicola la sua mente e la rende visibile a tutti, ci fornisce il libro ma non gli occhiali per leggerla. Questi devono essere costruiti dallo spettatore, il quale deve cogliere la verità di Federico Fellini, insita nel profondo.