David Lynch iniziò a lavorare al suo primo lungometraggio, Eraserhead (1977), nel 1971, grazie ad una sovvenzione di 10.000 dollari dell’American Film Institute (AFI). Iniziati gli studi come pittore, per concentrarsi intorno al ’70 più intensamente sul cinema, il futuro regista entrò a far parte a 24 anni del Center for Advanced Film Studies dello stesso AFI.
L’autore ha dichiarato, in un’intervista del 2018 per Rolling Stones: “Ero un pittore. Dipingevo e frequentavo una scuola d’arte. Non ero interessato ai film. Un giorno ero seduto in un enorme studio, davanti a me avevo un dipinto non ancora ultimato, ritraeva un giardino notturno. C’era molto nero, e dall’oscurità emergevano alcune piante verdi. Improvvisamente queste piante iniziarono a muoversi, e fu come se sentissi un alito di vento. “Fantastico”, dissi fra me e me, e fu così che pensai ai film come la via con cui permettere ai dipinti di muoversi.”
Lynch aveva inizialmente lavorato a un soggetto surrealista dal titolo “Gardenback”, basato sul suo dipinto di una figura ingobbita, sulla cui schiena cresceva della vegetazione. Ne sarebbe dovuto risultare un cortometraggio di 45 minuti, ma l’AFI sostenne fosse troppo lungo per un soggetto così eversivo e non-lineare. Al suo posto presentò dunque Eraserhead, la cui genesi si ispira anche alle letture che intrattenne durante gli studi, tra le quali La Metamorfosi di Kafka e il racconto Il Naso di Gogol.
Al di fuori dal dato più meccanicamente biografico (la figlia di Lynch, Jennifer, affetta da una malattia congenita ai piedi, ha dichiarato che la sua stessa nascita inaspettata abbia ispirato il padre), il tema principale del film è indubbiamente la genitorialità, con le paure che ne conseguono e che, probabilmente, hanno tormentato il regista; ma cercare di decifrare esattamente il significato di un’opera così strutturalmente onirica e allucinatoria risulterebbe a dir poco speculativo, finendo per svilire un’operazione il cui senso più profondo è connaturato all’accumularsi di infiniti percorsi di appropriazione possibili.
Presentato per la prima volta al Filmex Festival di Los Angeles, il 19 Marzo 1977, il film venne inizialmente giudicato impossibile da distribuire. Solo l’intervento del distributore Ben Barenholtz gli permise di essere proiettato durante gli spettacoli di mezzanotte di un cinema locale per circa un anno.
In ogni caso Eraserhead, oggi riconosciuto come un capolavoro del cinema grottesco e surrealista, è divenuto un oggetto di culto cinefilo parallelamente con il crescere della fama di Lynch, che già all’epoca tentò di sperimentare la tecnica di registrare i dialoghi al contrario e invertire poi il risultato, pur non utilizzandola in questo film. Su quest’ultima tornerà nell’episodio 2 di Twin Peaks (1990), che molti considerano una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la concezione stessa della servilità televisiva.
Il film vede la partecipazione di una parte del gruppo di attori e tecnici che continueranno a lavorare con il regista negli anni successivi, in particolare il direttore della fotografia Frederick Elmes, il tecnico del suono Alan Splet e l’attore Jack Nance (Pete Martell in Twin Peaks). I casting per il film iniziarono nel 1971 e quest’ultimo venne scelto molto presto per il ruolo di protagonista.
Lo staff dell’AFI, che aveva sottovalutato le dimensioni e le ambizioni del progetto, dando per scontato che da una sceneggiatura di ventuno pagine, secondo le norme dell’industria cinematografica, dovesse derivare approssimativamente un film di altrettanti minuti, non era convinto di voler sostenere un progetto dalle forti tinte surrealiste come Eraserhead. Quest’incomprensione e la particolare meticolosità di Lynch nei panni di regista determinarono la lunga gestazione del film: dalla scena che inizia con il personaggio di Nance che apre una porta a quando venne ripreso il suo ingresso nella stanza, in un esempio rimasto iconico nella storia del cinema, passò addirittura un anno.
Durante le riprese Lynch andò incontro a numerose difficoltà economiche, cosicché il progetto venne parzialmente finanziato non solo dallo stesso autore, ma anche dalla moglie di Jack Nance, Catherine E. Coulson (La Signora Ceppo di Twin Peaks), che lavorava come cameriera. Nel corso di una delle tante pause dalla realizzazione del film produsse il corto The Amputee, che vede la partecipazione come protagonista della stessa Coulson, la quale avrebbe continuato a lavorare come tecnica sul set di Eraserhead.
L’opera prima di Lynch risulta influentissima sul lavoro di numerosi registi a venire, com’è fortemente percepibile, ad esempio, in Tetsuo: The Iron Man (1989), capolavoro del cyberpunk giapponese di Shin’ya Tsukamoto. I tratti in comune sono numerosi ed evidenti: dal bianco e nero alla scarsa caratterizzazione (almeno secondo i moduli più convenzionali) dei personaggi, fino alle tematiche affrontate e le ambientazioni decadenti, che rimandano a un’atmosfera onirica, quasi da incubo. Ma se nel film di Tsukamoto il nucleo va ricercato nella contaminazione uomo-macchina, con un racconto dalle risonanze quasi mitiche, Eraserhead prende le mosse da una situazione quotidiana e apparente banale, che lentamente sviluppa il suo carattere perturbante.
Proprio in questa commistione tra vicende quotidiane e atmosfere stranianti, ancora oggi, a quarantacinque anni dalla premiere del film a New York nel 1977, risiede forse il fascino e al contempo l’inquietudine del film.