Und morgen die ganze Welt, ovvero E domani il mondo intero (trailer), settimo lungometraggio firmato da Julia von Heinz, ci catapulta nella vita di Luisa (Mala Emde), studentessa ventenne di giurisprudenza con forte consapevolezza delle disuguaglianze sociali interne alla Germania contemporanea. Per partecipare più attivamente nella vita politica giovanile, essa aderisce ad Antifa, collettivo di estrema sinistra impegnato nella lotta ai gruppi neonazisti che rastrellano le periferie delle città tedesche. Qui, grazie all’amica d’infanzia Batte (Luisa-Céline Gaffron) che la introduce al gruppo, stringe forti legami con Lenor (Tonio Schneider) e specialmente Alfa (Noah Saavedra), di cui si innamora. Quest’ultimo però, dopo aver preso parte ad alcune azioni più prettamente pacifiche organizzate dal collettivo, sembra allontanarsi sempre di più dagli ideali del confronto nonviolento. Luisa quindi lo segue in questa impervia strada, via via più prossima al terrorismo, senza accorgersi di star combattendo l’odio con altro odio.
Presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Venezia, E domani il mondo intero mette in scena l’ambiguità ideologica della lotta politica dei giorni nostri. Da una parte vi è l’opzione della resistenza passiva, che ripercorre le tracce del Mahatma Gandhi e del reverendo King. Dall’altra invece si aggiunge la possibilità del conflitto armato, che due personalità discusse come Malcolm X e Che Guevara consideravano l’unica soluzione per i popoli che tentano di liberarsi. Il film tratta ampiamente entrambe le alternative, indagando persino le dinamiche personali che prendono vita a seguito della preferenza dell’una o dell’altra.
Per alcuni “picchiare i nazisti” è pura estetica e significa mettersi sul loro stesso piano; mentre per altri reagire senza ricorrere all’aggressività potrebbe portare alla supremazia di chi invece ne fa uso. Tuttavia, tali questioni raramente si sviluppano in un discorso interessante, anzi perlopiù vengono risolte, nel finale soprattutto, tramite un’estrema semplificazione. Il conflitto tra le due fazioni di pensiero, infatti, viene svilito mediante una banale via di mezzo: si sancisce che la pratica più logica sia quella di adoperare la violenza soltanto in casi di estrema necessità, e comunque sempre nei confronti di oggetti inanimati.
Eppure, questo non è il principale difetto di quest’opera. E domani il mondo intero non attinge alla tradizione tedesca dei film sulla resistenza e sul fenomeno del neonazismo; bensì sembra ricalcare la recente tendenza del cinema engagé francese. L’ampio uso della camera a mano, i toni completamente desaturati e la relazione amorosa sono espedienti che differenziano questa pellicola da celebri film come Le vite degli altri e L’onda ma la accomunano al filone impegnato inaugurato da Welcome. E proprio come alcuni film d’oltralpe di questo stampo, questo lungometraggio compie l’errore di dare esclusiva centralità al contenuto, tralasciando quindi il lato estetico e originale del progetto.
Da ciò traspare un’evidente volontà educativa, da sempre ostica allo spettatore cinematografico, che ne percepisce la pretenziosità. Infine, non bastano tentativi di ricondursi alle cifre stilistiche tipiche degli autori della Nuova Hollywood, come l’utilizzo di arie liriche durante le scene di violenza mediante riprese che non ne omettono la crudezza, poiché spesso non sortiscono l’effetto voluto, causa la poca enfasi del racconto.