Il nuovo tassello del Marvel Cinematic Universe diretto da Sam Raimi, molto atteso e ampiamente pubblicizzato, si va ad inserire esattamente al cuore della tanto chiacchierata Fase Quattro dell’universo narrativo, all’interno di un puzzle composto da eventi e personaggi che abbiamo imparato ad amare grazie ai film precedenti. Doctor Strange nel Multiverso della Follia (trailer), però, riesce a ritagliarsi qualcosa di ancor più importante all’interno di questo filone: un’identità.
Dopo Endgame e l’epopea filmica dedicata alla cosiddetta Infinity Saga, i Marvel Studios hanno iniziato a cospargere i prodotti successivi con un condimento estremamente invitante e al tempo stesso difficile da gestire, chiamato “Multiverso”. Prima una spolverata (con la serie su Disney+ What if…?), poi un assaggio (Spider-Man: No Way Home) e – finalmente – il piatto vero e proprio, con il quale si entra nel vivo di ciò che è questo nuovo “universo allargato” e lo rende un concept più univoco e meno confusionario di quanto non sembrasse in precedenza.
Il Multiverso torna ad essere un problema per Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) quando egli si ritrova a combattere al fianco di una ragazza che, pur non avendone il controllo, ha la capacità di aprire varchi tra le varie realtà: America Chavez (Xochitl Gomez), in fuga da un nemico sconosciuto e le sue evocazioni demoniache. Queste premesse, per quanto molto semplici, si rivelano essere una miccia perfetta per scatenare l’inizio di uno spettacolo pirotecnico visivamente spettacolare ed esteticamente molto appagante, tra sequenze psichedeliche e varchi luminosi; ma non prima di aver introdotto un altro dei personaggi di punta di questo mosaico: Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen), in una versione successiva agli eventi di WandaVision, che in questa pellicola ha la possibilità di mostrarsi in una nuova veste, e che consente alla Olsen di rubare la scena agli altri con la sua interpretazione.
Il diretto collegamento con la serie Disney+ dedicata alla strega dimostra la profonda interconnessione che c’è con gli altri prodotti di casa Marvel, ma che potrebbe lasciare interdetti alcuni degli spettatori più casual o meno aggiornati. D’altronde c’era da aspettarselo, visto il riflettore puntato sulla pellicola e il ruolo fondamentale che avrebbe avuto; e se alcune sequenze visivamente si pongono come il diretto seguito dell’estetica caleidoscopica che abbiamo apprezzato nel primo capitolo (e nei film a seguire), qui ancor più psichedeliche e fuori di testa, il divertimento più grande dell’appassionato di cinefumetti sta nella continua e frequente apparizione dei personaggi secondari che già conosce; alcuni inattesi, altri – purtroppo – meno. Sempre più spesso, infatti, la campagna promozionale di questi blockbuster viene costruita attorno alle anticipazioni e ai dettagli furbamente inseriti all’interno dei teaser, i quali generano una reazione a catena di teorie, aspettative e focolai di hype; certamente un incentivo a staccare più biglietti al cinema, ma che rischiano di intaccare in maniera più o meno pesante la godibilità del film, che a tratti sembra più una “versione estesa” delle scene già viste nei trailer che un lungometraggio a sé.
È il momento, tuttavia, di guardare dritto negli occhi l’elefante nella stanza, rallegrarsi ed affermare che, sì, la mano di Raimi alla direzione di questo film si sente, eccome, seppur in maniera poco invasiva. Se The Eternals tentava la strada del simil-film d’autore modificando nettamente i toni, accostare questo Doctor Strange agli altri prodotti Marvel risulta un’operazione più organica: il regista de La Casa riesce a dosare le tinte horror che lo hanno reso riconoscibile alla formula ormai rodata del cinecomic d’intrattenimento (che comunque non viene disdegnata; Sam Raimi è, dopotutto, un appassionato di Marvel Comics). In un (multi)mondo con elementi gore, zombie e jumpscares, ci si stupisce nel vedere i propri beniamini, di solito lucidi e perfetti come statue, alterati in maniere inusuali dagli eventi o imbrattati di sangue.
In questa follia multidimensionale, poi, si inseriscono le stupende musiche di Danny Elfman, che la fanno da padrone e contribuiscono a delineare la sagoma di quello che è quasi certamente il pezzo più riconoscibile di questo puzzle post-Endgame, perlomeno al cinema. Di contro, in alcuni frangenti il montaggio potrebbe risultare disequilibrato e straniante, ma non nella maniera in cui vorrebbe “stranire” il film.
In definitiva, Doctor Strange nel Multiverso della Follia è una pellicola che diverte e lascia soddisfatti; non si avvicina a rivoluzionare il genere, ma lo accosta ad elementi di novità che la rendono memorabile all’interno della saga.
Al cinema dal 4 maggio.