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Dopo aver fatto capolino a Venezia 2024, dal 6 febbraio è nelle sale italiane Diva Futura (trailer) di Giulia Steigerwalt. Il film è un ritratto biografico di Riccardo Schicchi (1953-2012, interpretato da Pietro Castellitto), uno dei principali timonieri dell’industria pornografica italiana e della sua agenzia, appunto Diva Futura. Tratto dal libro dell’allora segretaria dell’agenzia, Debora Attanasio, Non dite alla mamma che faccio la segretaria, uscito nel 2013, è un ritratto duro, spietato, quasi commovente sulle parabole professionali di Schicchi e delle pornostar da lui lanciate; Ilona Staller, Moana Pozzi, nonché sua moglie Eva Henger. Personaggio chiave nel film è, oltre a loro, proprio Debora, che nel film è interpretata dall’eclettica e sempre brava Barbara Ronchi, e alla quale rivolgiamo amichevolmente alcune domande sul film.
Cara Barbara, in questo film ricopri un ruolo importante, quello di Debora Attanasio, colei che diventa la vera narratrice dell’odissea di Diva Futura di Riccardo Schicchi. Conoscevi la storia di Schicchi prima di girare il film?
Guarda, avevo un’idea molto vaga, mi ricordavo più di Eva Henger che di lui. Ovviamente lo avevo visto nei vari programmi televisivi, come quelli con Teo Mammucari. Ricordavo vagamente di Cicciolina in Parlamento, di Moana Pozzi, non ne sapevo molto. Quindi sono entrata nel film con un occhio molto simile a quello di Debora, senza alcun pregiudizio, senza saperne niente. E man mano ho scoperto, grazie alla sceneggiatura, l’ascesa e il declino di questa agenzia, che parte un po’ come sulla scia dell’amore libero del Sessantotto verso gli anni Settanta. Riccardo Schicchi ha cominciato a formulare la sua idea di sesso quasi greco, cioè della bellezza del nudo. Dopo l’ascesa, ovviamente, c’è stato il declino, e nonostante il declino dell’agenzia e di queste dive, che non sono state capite, anzi, sono state anche denigrate, però ancora oggi tutti ci ricordiamo di loro.
E questo forse è stato uno degli elementi che ti ha convinto di più ad accettare il film, che è la tua seconda collaborazione con Giulia Steigerwalt.
Ti dico che io avrei fatto qualsiasi film di Giulia, perché per me Settembre è stato un film molto importante. Nella mia carriera quindi c’è un “prima” e un “dopo” Settembre. L’incontro con lei è stato uno dei più importanti della mia vita. Quando mi ha proposto questo film, in particolare, sapevo che la sua visione sarebbe stata fondamentale per il film, perché è molto sorprendente, perché ci si aspetta qualcosa e si esce dal cinema invece con una prospettiva completamente cambiata. Io stimo Giulia sia a livello professionale che a livello umano, perché poi è nata un’amicizia profonda. Se mi chiamerà per altri film, io ci sarò!
Sul fatto che il film sia stato vietato ai minori di 14 anni con l’accusa che “rappresenti il porno come una strada facile verso il successo”, come hai reagito?
Posso essere d’accordo sul vietarlo ai minori di 14, non sono d’accordo sulle motivazioni, perché invece credo che il film mostri molto bene, visto che è un film corale, la storia di chi sceglie di fare porno consapevolmente, come Cicciolina per esempio, ma ci sono anche altre persone, come ad esempio Eva Henger, che pensano che il porno sia una strada più facile verso il successo, ma che poi si sono pentite un secondo dopo averlo fatto. Quindi, in realtà, questo film mette anche molto in guardia da questo mondo, vuole suggerirti di lavorarci se ci credi veramente ma, come diceva Schicchi, «devi avere un pensiero molto forte rispetto a una decisione del genere, perché non si torna indietro». E il film questo lo racconta molto bene. E ti fa anche capire che, se entri nel porno da fuori sarai percepita sempre come una che ha fatto il porno. Non penso proprio che il film suggerisca che la pornografia sia una scorciatoia per il successo.
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Non a caso i meschini sono più gli uomini, come il produttore risentito da Moana, quando sceglie di “abbandonare”.
No, ma non è neanche un discorso di uomini e donne, perché invece poi Riccardo Schicchi era un uomo, e aveva una libertà di pensiero enorme. Ma è la visione dell’esterno, no? La visione che avevano poi all’esterno di loro era quella, capito? Quindi in questo senso io dico che la motivazione non è giusta, perché nel film vengono rappresentate anche le conseguenze delle loro azioni, capito? È un affresco molto, molto preciso di quello che avveniva.
E il personaggio di Debora come ne esce, secondo te?
Lei non è la protagonista delle vicende, è una ragazza che ha tenuto un diario durante i dieci anni in cui ha lavorato da Schicchi, un diario delle memorie, di cose che lei ha visto, che sono realmente accadute. Tutti gli avvenimenti raccontati nel film sono reali, non soltanto presi dal libro di Debora, ma anche dai racconti che sono stati fatti da altre persone che hanno vissuto quel periodo. Lei è una non protagonista che però si ritrova a guardare cose che avvenivano ad altri, e quindi è stata anche testimone di situazioni più intime. Di questi personaggi che noi abbiamo conosciuto soltanto pubblicamente, sapevamo poco del loro lato intimo, e ora è anche grazie ai suoi ricordi se sappiamo qualcosa di più.
Com’è cambiata la percezione del porno in Italia negli ultimi trent’anni, dopo la decadenza della cosiddetta sala a luci rosse? Oggi c’è una consapevolezza maggiore, nonostante i siti?
Guarda, io penso che il porno sia un’industria enorme, che ha dei fatturati altissimi, e che ci sia avvenendo un’educazione non solo sessuale ma anche sentimentale di ragazzi molto giovani che si approcciano al porno all’età di dodici anni, e loro stessi ormai lo scoprono anche da soli, o grazie agli amici, non più attraverso gli adulti. Ormai il porno, grazie a internet, è diventato molto più accessibile. Meno tabù sicuramente. Basta cliccare se hai più di 18 anni e accedi al sito. E poi ti si apre il mondo delle categorie dove c’è tutto. Non lo so se è meglio o peggio, anche perché non ne faccio parte. Ma quello che noi raccontiamo in Diva Futura è che queste ragazze che decidevano di lavorare in quell’industria in quel preciso momento storico lo facevano in maniera protetta, consenziente, soprattutto libera. E il paradosso era che quell’industria lì, più piccola rispetto a oggi, era riuscita a creare una famiglia, e questa era la cosa che a Giulia divertiva di più.
Sei molto attiva in questi ultimi anni nel nostro cinema. Immagino ti capiti ogni tanto di ritrovare delle maestranze, tra un set e l’altro. E quando le reincontri avverti un’atmosfera più familiare, rispetto a quella di lavorare con gente nuova e sconosciuta?
Le maestranze, l’apparato tecnico, i film cambiano sempre e quindi non sono quasi mai le stesse, però è molto bello quando rincontri persone con cui hai già lavorato, è bello, perché questo è un lavoro che può essere anche molto solitario. E quando ritrovi di nuovo maestranze con cui stringi dei legami è bello!
Progetti futuri?
Ovviamente non posso svelare nulla. Ti dico soltanto che tra poco comincio a girare un altro film.