“Il sogno è il palco dove la Fortuna mette in scena la propria recita”. Un grande esperto di sogni come Calderon De La Barca commenterebbe più o meno così Dietro i suoi occhi (trailer), la nuova miniserie distribuita da Netflix. È proprio la Fortuna, questa entità sovrannaturale a cui anche gli dei devono piegarsi, a dettare gli incontri dei protagonisti e i loro misteriosi intrecci. Un triangolo amoroso tra una ragazza, il suo capo e l’inquietante moglie di lui finisce per creare un vortice di legami da cui è impossibile tirarsi fuori.
Un po’ thriller, un po’ sovrannaturale, Dietro i suoi occhi si propone come una serie intrigante: le premesse sanno di qualcosa di già visto, eppure, col passare delle puntate, è in grado di andare oltre le attese. Sei intensi episodi che riescono ad esplorare i personaggi in modo abbastanza profondo, disseminando indizi che solo nel finale trovano una quadra. Il punto forte della miniserie è quella di mantenere il mistero vivo senza dar la possibilità allo spettatore di trovare una conferma alle proprie impressioni, gettando un alone di segretezza anche sui personaggi più sinceri.
Il formato da sei episodi aiuta la fruizione e conferma come la miniserie sia un formato sempre più di successo. Una storia calibrata con bravura, capace di non risultare stucchevole né troppo frettolosa. La presenza di ben tre personaggi chiave non consente l’approfondimento psicologico che troviamo nell’unica protagonista de La regina degli scacchi né quello di serie televisive durature, come per i Shelby di Peaky Blinders, ma riesce a non essere troppo dispersiva.
Il cast vanta nomi interessanti, sebbene si sia scelto di puntare tutto su Eve Hewson, la quale, pur cavandosela dignitosamente, salta all’occhio più come la figlia di Bono degli U2 che per la sua performance attoriale. Robert Aramayo, il nome più altisonante, si conferma un grande performer e Tom Bateman non stona, nonostante la sua evidente teatralità. La protagonista, Simona Brown, è forse la meno efficace, pur non sfigurando.
La regia di Erik Richter Strand lascia qualche dubbio, soprattutto nell’utilizzo di effetti visivi un po’ sopra le righe, così come il lavoro del direttore della fotografia Felix Wiedemann che forse sottovaluta in alcuni passaggi l’impatto della poca luce su uno schermo televisivo. Per consolare Wiedemann, diciamo che ci sono errori nel dosare la luce crepuscolare anche nelle serie più acclamate, su tutte Game of Thrones, quindi mal comune mezzo gaudio.
Il finale è discutibile: o lo amerete o lo odierete. Così come molti espedienti narrativi e visuali, anche l’epilogo potrebbe essere giudicato come una pigra, frettolosa e discutibile risoluzione o, al contrario, come un fattore sorpresa soddisfacente, sebbene non proprio originalissimo. Per spezzare una lancia a favore di Dietro i suoi occhi, bisogna ammettere che resta comunque coerente con l’universo narrativo, piaccia o meno, e di questo non si può non tener conto.
Forse il modo migliore per vedere questa serie è farlo in compagnia. Anche se non sembra, lo showrunner Steve Lightfoot nasconde poco allo spettatore e, quindi, con una visione “in solitaria”, verrebbe meno tutto il divertimento del ricostruire passo passo cosa sia potuto accadere. Il discorso vale ancora di più in tempi come questi, in cui si passa molto tempo in casa e sei episodi vengono visti in un weekend, se non in un solo giorno. Senza fare paragoni ingombranti, bisogna ammettere che, in questo frangente, la trama intessuta è migliore rispetto ad una miniserie di successo come The Undoing, dove ogni ipotesi è priva di fondamenta e quindi si aspetta con il pilota automatico la definizione del colpevole.
Al di là dei pareri soggettivi sulla riuscita di Dietro i suoi occhi, la miniserie si lascia guardare con piacere e si propone come una valida scelta in un periodo magro, per quanto riguarda le nuove uscite. Il consiglio è di vederla con qualcuno e giocare a fare il detective con i numerosi indizi sparsi qui e lì: vi divertirà di più e metterete alla prova le vostre capacità deduttive.