Death of a Unicorn, la recensione: arcobaleno di sangue

Death of a Unicorn recensione film di Alex Scharfman DassCinemag

«Quando il popolo non avrà più da mangiare, allora mangerà i ricchi ». Da questa celebre frase di Jean-Jacques Rousseau è stata coniata l’espressione eat the rich movies, utilizzata per indicare quel filone di pellicole caratterizzate da una feroce satira nei confronti del capitalismo e della divisione di classe, spesso a tinte horror. Film come Parasite, The Menu, Cena con delitto – Knives Out, Saltburn, Finché morte non ci separi e persino il recente Opus – Venera La Tua Stella sono solo alcuni esempi che appartengono a questo insieme, laddove la narrazione presenta solitamente un gruppo di ricchi privilegiati che finiscono per diventare vittime dello stesso sistema che sfruttano e controllano. 

Death of a Unicorn (trailer) rientra a pieno titolo in questo genere. L’avvocato Elliot (Paul Rudd) si sta dirigendo in auto assieme a sua figlia Ridley (Jenna Ortega) verso lo chalet di un ricco magnate farmaceutico, con l’incarico di mediare il passaggio di eredità dal capofamiglia Odell Leopold (Richard E. Grant), gravemente malato, a sua moglie Belinda (Téa Leoni) e a suo figlio Shepard (Will Poulter). Durante il tragitto però investono involontariamente un animale misterioso, che si rivela essere un cucciolo di unicorno. Il sangue e il corno della creatura possiedono dei poteri curativi e, determinati a sfruttarne il potenziale economico, i Leopold sequestrano l’animale attirando le pericolose attenzioni dei genitori del cucciolo.

Il nuovo film della A24 vanta tra i produttori esecutivi Ari Aster e segna l’esordio alla regia e alla sceneggiatura del produttore Alex Scharfman. La pellicola stravolge l’immaginario contemporaneo innocente, fiabesco e colorato della leggendaria creatura dell’unicorno, traendo invece ispirazione dal suo mito di antichissima origine e reso popolare dal folklore europeo, secondo il quale queste bestie fantastiche non erano altro che esseri rapidi, difficili da catturare e soprattutto feroci. Specialmente attorno a quest’ultimo aspetto il film costruisce il suo fulcro visivo e tematico, trasformando gli unicorni in maniera iperbolica nelle bizzarre creature di un monster movie, pronte a spargere il sangue e le budella degli ennesimi capitalisti profittatori ed egoisti. 

Death of a Unicorn recensione film di Alex Scharfman DassCinemag

Costretto a districarsi tra le righe scarne di un soggetto dalle premesse infantilmente esili e fini a se stesse, il cast di dignitoso livello finisce per impantanarsi nella rappresentazione di silhouette tediose che decorano un parco giochi arrugginito e spoglio. Ogni personaggio è un accumulo di cliché, ognuno si mostra e si palesa per ciò che è o che dovrebbe rappresentare in modo macchiettistico, ogni tentativo di approfondimento è vano di fronte a figure che non celano sorprese o sviluppi rilevanti, ma che si strascicano in avanti a forza in un amalgama confusa e fortemente didascalica.

Se la prima parte della pellicola viaggia in modo traballante sui binari della commedia dark, già ampiamente collaudati negli ultimi anni, senza riuscire a imbastire alcun tipo di intrattenimento brillante né di nuova riflessione edificante, nella seconda metà si vira in maniera drastica verso l’horror splatter, di fatto approdando malauguratamente in una sorta di distorto scenario alla Jurassic Park. Il confronto è prevedibilmente impietoso, se da un lato è plausibile immaginare il terrore provocato dal ruggito di un tirannosauro dai denti aguzzi, risulta decisamente più arduo rimanere attoniti dinanzi al nitrito di un equino dal corno affilato. Gli unicorni, resi belve sanguinolente dal design senza attrattiva e dal tanfo trash, sono minacce irrisorie e svilite da una CGI non all’altezza, oltre che da una regia che risulta anonima anche quando si affida al citazionismo.

A decorare in maniera imbranata la confezione stropicciata di questa ammorbante horror comedy di serie B è un epilogo così stucchevole e mieloso che farebbe invidia ai migliori prodotti Disney, a ulteriore dimostrazione di una mancanza di chiarezza riguardo agli intenti della pellicola. Quest’ultima non può quindi che apparire come un gioco sterile e puerile,  alla fine del quale sembra più sensato interrogarsi sull’esistenza del film, piuttosto che su quella degli unicorni.

In sala dal 10 aprile.

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