Nel 1987 Edmond Rostand, scrittore sfortunato dal grande talento ma le cui opere in versi sono ritenute troppo difficili da comprendere e apprezzare, incontra Costant Coquelin, attore affermato, che gli propone di scrivere una commedia e portarla in scena. Unico potenziale problema: il tempo a disposizione è di soli 20 giorni! Grazie all’aiuto di Monsieur Honoré, il proprietario del locale dov’è solito incontrarsi con il migliore amico Léo, e alla corrispondenza con Jeanne, la bella costumista corteggiata dall’amico, riuscirà nell’impresa di realizzare un capolavoro oggi conosciuto come una delle migliori opere mai scritte: “Cyrano de Bergerac”.
Cyrano Mon Amour è un film che alza l’asticella fissata nel genere del making-of. Se John Madden avesse deciso di concentrarsi sulla letteratura francese, probabilmente questo sarebbe stato il suo Shakespeare in Love. Ma avremmo avuto un film più drammatico e una storia d’amore straziante al posto di una commedia divertente ed effervescente come quella di Alexis Michalik. Sceneggiatore e regista, si è misurato con il pubblico del teatro prima di riuscire a scrivere l’adattamento che andrà sul grande schermo dal 18 aprile. Un progetto in cantiere per più di 15 anni e che ha avuto in comune un aspetto con il suo protagonista: il desiderio.
Proprio come la ricerca del regista della giusta occasione per realizzare il suo primo lungometraggio è stato il continuo stimolo a perseverare in questo sogno, così la relazione epistolare e puramente platonica tra Edmond Rostand e Jeanne è la perpetua fonte d’ispirazione del tragediografo. Cominciata come un modo per aiutare il compare, bello ma sciocco, a conquistare l’attenzione di Jeanne, romantica amante della poesia, il rapporto tra i due assume toni sempre più intensi e al contempo si evolve in proibito. Non per paura che sua moglie scopra le lettere e pensi a un tradimento, anche perché le parole scritte non si tradurranno in azioni. Ma poiché motore vero e proprio del suo estro letterario, a rischio di svanire se solo la verità dovesse venire fuori, il mistero essere svelato e l’oggetto del desiderio raggiunto. L’effetto del desiderio inappagato sullo scrittore è ben analizzato durante il film, soprattutto negli scontri con l’insistenza di Léo a voler rendere consistenti le sue fantasie sulla bella Jeanne.
Di particolare interesse in questo senso è una scena in cui la moglie lo affronta chiedendogli il perché delle lettere. Quando le risponde di averne bisogno per continuare a scrivere, lei pensa che lui non la ami più, ma infine capisce qual è la verità: Edmond è innamorato solo di lei, ma un amore concreto non riesce a dargli la scintilla necessaria a trovare i versi giusti. Come dirà lui stesso: “Il desiderio spinge l’uomo a fare grandi cose”. Come dire “guardare ma non toccare”. Nel suo caso, il desiderio non lo coinvolge in prima persona, bensì lui fa da tramite tra Jeanne e Léo. Perciò è estremamente importante che i due non si incontrino mai: svelato l’inganno il filo che li univa sarebbe stato spezzato, e così la sua arte.
A sottolineare questo concetto, solo alla fine della prima del Cyrano, calato il sipario, ci sarà il confronto tra Edmond e Jeanne: non essendo più necessaria una musa, il loro rapporto non ha più ragione di essere. C’è da chiedersi se il reale desiderio fosse Jeanne o la realizzazione dello spettacolo e la risposta, forse, sta nel fatto che il gioco del corteggiamento non finisce calato il sipario, ma nel momento in cui lo spettacolo va in scena.
Cyrano Mon Amour vale la pena di essere visto da chiunque desideri essere trasportato in un’epoca ormai lontana, nella quale anche l’innocenza di un casto bacio aveva il potere di generare l’immortalità.
di Valentina Longo