Da molti definito, non a torto, il film più brutto dell’anno, Cosmic Sin è un fallimento su ogni possibile fronte (qui il trailer). Soffrendo di una scrittura assolutamente inqualificabile, il film non prova neanche a cercare una redenzione attraverso le scene d’azione, che infatti sono inserite col contagocce; mancando completamente di autoironia, non giunge nemmeno a una catarsi trash. Serio, impostato, Cosmic Sin porta avanti le proprie surreali e proto-fasciste premesse curandosi di nient’altro che di sviscerare la questione centrale del film: l’aggressione.
A inizio film veniamo sbrigativamente informati che, a cinquecento anni da adesso, dopo una serie di colonizzazioni spaziali da parte dell’umanità, il generale Ford – un Bruce Willis a malapena consapevole di essere ripreso – si è trovato ad affrontare una fazione ribelle in una guerra civile, pensando bene di risolvere il problema lanciando una bomba Q e sterminando decine di milioni di persone.
Dopo questo veloce riepilogo vediamo il cliché della coppia isolata al buio, e l’aggressione che interrompe i due sul più bello. Quest’aggressione porterà immediatamente dopo il genocida Bruce Willis, che passa il tempo a bere e a dilettarsi con risse da bar, a riprendere la propria carica, pronto a guidare l’umanità nel momento in cui c’è il sospetto – solo il sospetto – di una minaccia esterna.
Se vi sembra che tutto questo non abbia nessun senso eccetto forse che per Michael Bay che, stranamente, non è lo sceneggiatore, è perché è esattamente così. Non ha nessun senso che un genocida venga soltanto congedato e sia comunque un personaggio quasi unanimamente rispettato e riverito; non ha nessun senso, né nessuna plausibilità, che il suddetto genocida si veda improvvisamente messo a capo di un’operazione militare preventiva verso qualcosa che forse nemmeno è una minaccia. Niente di tutto questo ha senso, e soprattutto è così didascalicamente inserito in un’ottica di celebrazione della guerra preventiva da far accapponare la pelle. Non hanno infatti neanche senso i monologhi atti a esaltare l’operato di Bruce Willis, così come i suoi aforismi sussurrati.
Ma naturalmente, tutto questo ha senso nel film, e tutto è perfettamente chiaro: il contatto era ostile, gli alieni si palesano subito come nemici, eliminando qualsiasi possibilità di sviluppi interessanti o anche solo degni di essere chiamati tali. Per i nostri affatto reazionari eroi non c’è altra scelta se non una guerra senza tregua, in cui l’illuminata guida del criminale di guerra Bruce Willis porterà gli esseri umani ad annientare questi nemici convenientemente umanizzati, dal momento che, come ci tengono a ripetere più e più volte loro stessi, non c’è nessuna possibilità di trattativa.
È quindi strano che in un film che si preoccupa così tanto di legittimare la guerra ci siano così poche e povere scene d’azione, le sole che avrebbero potuto interrompere la verbosità dei reciproci monologhi, inseriti in modi assolutamente improbabili, in cui umani e alieni ribadiscono che non c’è altro da fare se non eliminarsi vicendevolmente.
E come mai potrà finire questa battaglia tra Buoni e Cattivi? Non val la pena sforzarsi di vedere il film per rispondere. Così come non valeva neanche la pena, pare, di spendere per questo film, vista la tristissima estetica dei costumi e delle armi, così povera in ogni dettaglio che viene da chiedersi se i costumi dei nemici non ricordino i Nazgul perché sono stati effettivamente trafugati da un set di Peter Jackson.