Tra i film per l’infanzia un po’ in sordina spicca Red e Toby – Nemiciamici, lungometraggio del 1981 diretto da Ted Berman, Richard Rich e Art Stevens. A volte trascurato, il ventiquattresimo classico Disney non perde però il confronto con i suoi fratelli maggiori. Anche se non pionieristico come Biancaneve, audace come Alice nel paese delle meraviglie, maestoso come il Re Leone, Red e Toby resta comunque una pietra miliare del suo genere, raccontando una profonda e dolceamara storia di amicizia, in grado di intrattenere e insegnare tanto a grandi e piccini.
Red, una volpe orfana adottata da una gentile signora di campagna, e Toby, un cane da caccia, sono solo due cuccioli quando imparano a conoscersi e a volersi bene. Passano le giornate giocando, convinti che la loro amicizia durerà per sempre. Ancora non sanno che dovrebbero invece odiarsi, perché da secoli l’uomo li ha messi l’uno contro l’altro. Il tempo passa, le cose cambiano. Toby trascorre l’inverno a caccia di pellicce e quando torna a casa, ormai cresciuto, è un predatore temprato. Red dovrà fare a sue spese i conti con la realtà dei fatti, e da un momento all’altro si troverà a essere una volpe selvatica, lasciato libero dalla propria padrona, proprio per salvargli la vita dal proprietario del cane, deciso a ucciderlo. Solo dopo diverse peripezie e pericoli, Red e Toby riusciranno a ritrovare un po’ dello spirito di quell’amicizia perduta, prima che le loro vite prendano di nuovo un corso diverso.
Non molti sanno che la pellicola si basa sul libro del 1967, The Fox and the Hound, del giornalista e scrittore americano Daniel P. Mannix. La produzione addolcì i tratti più crudamente realistici del romanzo, spingendosi a trasformare il tragico epilogo in un lieto fine, come si addice a un film per famiglie. Quando il lungometraggio uscì nelle sale, la Disney non passava uno dei suoi miglior periodi. Stava invece facendo i conti con un calo di popolarità e con un cruciale cambio generazionale all’interno dei propri studios. Di fatto il film del 1981 è l’ultimo cartone animato ad utilizzare interamente la tecnica di animazione analogica ed è soprattutto l’ultimo film ideato dai così detti “Nine Old Men”, i primi uomini, coloro che avevano contribuito alla creazione del magico mondo di Walt Disney fin dal 1923.
Il successo finanziario fu comunque notevole, mentre la critica accolse un po’ tiepidamente l’opera, giudicandola gradevole, ma poco innovativa. Solo in un secondo momento il film è stato rivalutato. Nonostante il paesaggio campestre, il tratto dolce dei disegni e le canzoni in duro e puro stile disneyano, il film è tutto purché superficiale, caratterizzandosi invece come uno dei lavori più intimamente drammatici del famoso studio. In esso vi è affrontato non solo il sempiterno tema dell’amicizia, ma anche della sua fine, dell’abbandono, dei ricordi e dell’incedere inesorabile del tempo che tutto trasforma, come canta anche il gufo Gran Ma’: “Voi due ormai si sa/ siete amici per la pelle/ ma in futuro chissà cosa cambierà”.
Nonostante tutte le buone intenzioni, fino a che punto si può evitare di diventare quel che la natura, la società o il destino ha in serbo per noi? Forse è questa la domanda principale intorno alla quale si avviluppa la vicenda narrata e la risposta che dà il film è piuttosto aspra. L’infanzia è l’unico momento in cui è facile riconoscere l’altro al di là delle apparenze, al di là della targhette imposte dal mondo. L’età adulta spezza i legami e divide le strade per sempre. Anche quando si riesce a ritrovare un po’ di quella purezza, il più delle volte essa si risolve in un gesto e un sorriso accennato prima di continuare a camminare per sempre su due sentieri diversi, pur nel dolce ricordo dei tempi passati.