La carica dei 101 (1961, Trailer) di Wolfgang Reitherman, Hamilton Luske e Clyde Geronimi, è uno tra i tanti film d’animazione Disney che ancora oggi richiamano all’avventura, occupano un posto speciale nei nostri cuori troppo adulti e non smettono di farci sognare. Dopo La bella addormentata nel bosco (1959) – probabilmente tra i film che meglio richiamano l’immagine del nobile cavaliere che “senza macchie e senza paura” salva la bella principessa dalle grinfie del drago sputafuoco – Reitherman si lancia alla volta del castello di Crudelia De Mon. Questa volta però le forze del male non attendono bipedi corazzati armati di cappa e spada, quanto i fedeli amici dell’uomo a quattro zampe, qui dal manto maculato e parlanti, determinati a riportare a casa i cuccioli rapiti. Ciò nonostante, La carica dei 101 non è soltanto un film sul significato di famiglia e comunità, ma anche una colorata produzione intellettuale capace di mostrare assieme, nello stesso segmento-film e forse per la prima volta nel mondo dei cartoni animati, i profondi punti di vista sia di uomo che di animale.
In un quartiere piccolo-borghese di Londra, che ricorda le atmosfere del primo ‘900, il nostro Pongo scruta dalla finestra del suo appartamentino coppiette di cani e loro padroni, ma il suo sguardo è folgorato soltanto dalla vista delle bellissime Peggy e Anita. Pongo, come si scopre fin dall’inizio, non è un uomo ma un cane che afferma: “Questo è Rudy Radcliff, una specie di musicista… io sono quello con le macchie nere”. Egli è un dalmata saturo della vita da scapolo, pronto a trovare una compagna per lui e per il suo padrone “che scrive canzoni d’amore, argomento del quale non sa assolutamente nulla”. L’occasione è perfetta e Pongo parte alla riscossa per costruire un incontro tra le coppie umane e animali. Il prologo de La carica dei 101 – che si concluderà col classico matrimonio (questa volta marito e moglie sono anche Pongo e Peggy) – è esemplificativo, perché non solo ci presenta i protagonisti del film di Reitherman e company, ma soprattutto perché fonde sguardi, presenze e punti di vista di tutti gli essere viventi contenuti nella pellicola, rendendoli ben visibili (dalla testa ai piedi) come mai prima d’ora nella produzione Disney.
I protagonisti de La carica dei 101 non sono solo animali parlanti – come accade ad esempio in Bambi (1942) – o solo persone che possono più o meno giocare con gli animali, come accade da Biancaneve (1937) a La bella addormentata nel bosco (1959); qui i cani sono agenti pensanti e parlanti alla pari dei loro padroni. Questa è una rivoluzione già evidente nel prologo: tutti i personaggi possiedono uno spazio e un vissuto, possono essere visti nella loro interezza e, soprattutto, riescono a parlare esprimendo punti di vista e prendendo una serie decisioni di fronte ai fatti. In seguito al rapimento dei quindici cuccioli dalmata per mano di Gaspare e Orazio, i goffi tirapiedi della De Mon, sia Rudy e Anita – gli Umani – che Pongo e Peggy – gli Animali – daranno anima e corpo per cercare i loro figlioletti, segno questo di un’autentica partecipazione del mondo alla tragedia. Entrambe le parti sono quindi ugualmente coinvolte, non vi è un prevaricare dell’ una sull’altra, come viceversa accadeva in Cenerentola (1950) o in Lilli e il vagabondo (1955).
Nel film del 1950 l’indifesa principessa è protagonista assoluta e i topolini, anche se parlanti, sono semplicemente gregari che potrebbero benissimo lasciar perdere l’umana, ma agiscono perché le vogliono troppo bene; nel film del 1955, invece, sono i cani, Lilli e Biagio, a governare la scena e a lasciare un piccolo spazio anche ai padroni – tra l’altro sempre spezzettati in mani o piedi, busto o gambe, e mai inquadrati completamente – che interverranno solo alla fine e mai nel mezzo. Al contrario i protagonisti umani e canini de La carica dei 101 esistono tutti in virtù della protezione e il ritrovamento dei cuccioli: Rudy, ad esempio, è un delizioso londinese dal grande genio musicale e artistico (sua è la famosissima canzone sul “felino predator”), ma non è un codardo, al punto che si batterà per i cuccioli sia prima che dopo il rapimento. La carica dei 101 non è quindi solo un film sull’importanza di Famiglia e Comunità, ma è anche e soprattutto un prodotto audiovisivo che indaga le infinite possibilità del medium-cinema, tra cui quella di coinvolgere nel racconto – o addirittura nella stessa inquadratura – i due mondi di egual presenza, sguardo e punto di vista di uomini e cani; la focalizzazione multipla è funzionale alla loro cooperazione.
…e felice ciascun sarà…