Il pianeta del tesoro è il quarantatreesimo classico d’animazione Disney, di genere fantascientifico e d’avventura. La storia è liberamente ispirata all’opera per ragazzi L’isola del tesoro, dello scrittore, drammaturgo e poeta scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1894). Il tratto distintivo di questo pseudo adattamento, nonché ciò che segna la più profonda differenza tra il racconto originale e quello narrato nel film, è l’ambientazione mista e fondamentalmente priva di un’indicazione precisa a proposito dell’epoca storica nella quale gli eventi si svolgono. Alcuni elementi fanno pensare all’età vittoriana, ovvero ad un momento imprecisato del XIX secolo, tuttavia l’inserimento di tecnologie evidentemente futuristiche costituisce una componente anacronistica che rende contraddittorio quanto affascinante l’universo filmico creato dagli autori John Musker, Ron Clements (anche registi in questo caso) e Rob Edwards.
Il film si annovera nel periodo della sperimentazione degli Walt Disney Animation Studios, vale a dire quel lasso di tempo durante il quale alcune opere Disney sono state frutto di un’ibridazione tra varie tecniche di tradizionale disegno a mano 2D e animazione digitale 3D. Il pianeta del tesoro, come il racconto da cui è tratto, segue la linea narrativa del romanzo di formazione. Jim Hawkins è un adolescente rimasto orfano di un padre, presumibilmente fuggito dalle responsabilità familiari, che vive con la madre, una locandiera. Il giovane ha notevoli capacità ingegneristiche e inventive che non sfrutta nel modo più consono continuando a mettersi nei guai in un circolo vizioso di bravate e richiami da parte della polizia. Non vede davanti a lui nessun futuro possibile nel quale realizzare i suoi più reconditi sogni. Quando, però, un misterioso alieno in fin di vita gli affida una preziosa sfera dorata che si rivela essere una criptica mappa del tesoro.
Il viaggio dell’eroe ha inizio. In un mondo costituito da infiniti pianeti sparsi nello spazio, ci si sposta con navi che salpano nell’atmosfera come se questa avesse la stessa densità dell’acqua. Orde di pirati senza scrupoli hanno, al posto di gambe di legno e stampelle, arti bionici fatti di metallo. Sarà proprio un cyborg ad incarnare quanto di più simile ad una figura paterna per Jim che impara, pian piano, a riconoscere il proprio valore e a sviluppare le sue potenzialità così da esprimersi al meglio e trasformarsi, finalmente, nella persona che desidera essere e che è destinato a diventare. Il personaggio in questione, John Silver, ricopre una duplice funzione in quanto è sia antagonista che aiutante del protagonista. Il ruolo che ricopre non è né del tutto positivo, né del tutto negativo. L’ambizione di diventare ricco accaparrandosi il leggendario tesoro del capitano Flint coesiste insieme all’affetto per questo giovane smarrito e fragile che incontra lungo il suo cammino. Ciò che si evince dalla rappresentazione di un personaggio simile nell’universo Disney, dove buoni e cattivi sono sempre facilmente distinguibili e identificabili, è che, per una volta, viene inserito un personaggio ambiguo, sfaccettato e, in qualche modo, sicuramente realistico.
Pur trattandosi di un Classico Disney, secondo il canone ufficiale, Il pianeta del tesoro presenta una sola canzone che, contrariamente a quanto avviene di solito, esprime il sentire del protagonista senza che sia lui stesso a interpretarla. Nella versione originale il compito di tramutare in parole cantate i pensieri e i sentimenti di un giovane che si sente perso e incompreso da tutti è stato affidato al cantante dei Goo Goo Dolls, John Rzeznik ed eseguita, poi, da tutta la band. Il brano I’m Still Here resta, tutt’oggi, uno dei migliori mai composti per un film Disney, poiché capace di trasmettere a chiunque lo ascolti l’angoscia che esperisce colui il quale dall’adolescenza si avvia verso l’età adulta.
La versione italiana Ci sono anch’io non è da meno e, per quanto il testo non sia propriamente una traduzione fedele all’originale, mantiene il medesimo significato e la stessa potenza nel segnare il punto di partenza del viaggio iniziatico che porta Jim a trovare la giusta determinazione per affrontare le grandi imprese che lo attendono. Nota di merito agli 883 che qualche lettore più giovane non conoscerà ma che, sostenuti dalla voce inconfondibile di Max Pezzali, hanno dominato la scena pop rock italiana per tutti gli anni novanta e gli inizi degli anni duemila. Alla band è spettato l’arduo compito di adattare la canzone piena di significato che spiega la crescita del protagonista del film. Il risultato è, al pari dell’originale, un brano indubbiamente emozionante.
All’epoca dell’uscita nelle sale, nel 2002, il film si rivelò un flop di incassi. Non venne recuperato neppure il budget della produzione. L’insuccesso fu tale da far svanire l’ipotesi di un sequel che già era stato pensato e per il quale era stata anche realizzata una bozza di storyboard. Nonostante la perdita in termini economici che la proiezione in sala riservò alla pellicola, la critica spese parole positive e il lungometraggio si guadagnò una candidatura come Miglior Film d’animazione agli Oscar del 2003. Il pianeta del tesoro continua ad essere semisconosciuto al grande pubblico e si merita forse lo sfortunato podio tra i film Disney più sottovalutati di tutti i tempi.
Concordo totalmente con questa disamina.
Ma a quali fattori può essere imputato l’insuccesso dell’opera?