Non è per niente un caso se il mercante all’inizio del primo e più famoso episodio della trilogia Disney dedicata ad Aladdin canti di una terra di fiabe e magie. Infatti, è proprio dalla più grande raccolta orientale di fiabe che nascono le vicissitudini del ladro dal cuore buono. “Aladino e la lampada meravigliosa” è il titolo della storia presente nell’edizione francese de “Le mille e una notte” tradotta da Antoine Galland agli inizi del XVIII secolo.
Ovviamente con delle differenze, la storia è stata utilizzata come modello per le varie trasposizioni cinematografiche che sono state fatte ancor prima della versione Disney del 1992. Ad esempio, quello che realizzò la Paramount nel 1939 fu “La meravigliosa lampada di Aladino”, un mediometraggio di circa 20 minuti in cui ad interpretare Aladino e la principessa sono stati Olivia e Braccio di Ferro con i suoi immancabili e potenti spinaci in grado di far concorrenza anche alle capacità mirabolanti del Genio.
Circa quarant’anni dopo, nel 1982 è la volta della seconda versione cinematografica dal titolo “Aladino e la lampada meravigliosa” prodotta dalla giapponese Toey Company, una casa di produzione con uno dei più importanti studi di animazione giapponesi, la Toey Animation. Viene rispettata anche in questo caso la vicenda originale ma compaiono degli elementi di cui poi la Disney si servirà per la sua versione. Qui Aladdin, oltre ad essere un semplice perdigiorno dal cuore puro non esita a rubacchiare per procurarsi da mangiare. La principessa Badru I-Budur si mostra molto simile a quella che poi sarà Jasmine: una ragazza bellissima che si sente rinchiusa nel palazzo e che grazie ad Aladdin riesce a vivere dei momenti di spensieratezza.
Sarà poi l’opera di Ron Clements e John Musker a rendere immortale la storia di Aladino come la conosciamo oggi. Uscito nel 1992, Aladdin ha dato vita a due spin off usciti a distanza di due anni l’uno dall’altro: Il ritorno di Jafar (1994) e Aladdin e il re dei ladri (1996). L’abilità dei registi è stata quella di sfruttare non soltanto la storia di Aladino ma anche un altro episodio della raccolta di fiabe che è “Il ladro di Baghdad” da cui poi nel 1940 è stato tratto un omonimo film distribuito dalla United Artists.
Il film di Clements e Musker si colloca nel periodo della Rinascita Disney subito dopo “La bella e la bestia” (1991) e poco prima de “Il re leone” (1994). Tra i classici Disney è quello che unisce con una maestria unica l’elemento magico e fiabesco proprio del mondo orientale con quello della bramosia di potere proprio del mondo occidentale. Altro binomio tematico importante che governa tutto il film è quello tra libertà e prigione. Colei che incarna questo dissidio è proprio l’unico personaggio femminile della vicenda: la principessa Jasmine, completamente diversa dalle figure femminili che sono uscite dal mondo Disney. Jasmine è una ragazza che va contro la legge opponendosi a “ciò che è sempre stato così” desiderosa di sposarsi per amore e non per forza: un modello femminile rivoluzionario che anticiperà quelli di Mulan e Pochaontas. Dopo essere scappata dal palazzo, sarà grazie ad Aladdin e al suo tappeto che riuscirà a conoscere il mondo e sarà sempre grazie a lui che convincerà il padre a cambiare le leggi riguardanti il matrimonio svincolandolo così da ogni clausola sociale ed economica.
Anche il giovane “diamante grezzo” Aladdin si sente in trappola, condannato a vivere una vita di espedienti, costretto insieme al suo amico di sempre, la scimmietta Abu, ad essere un ladro per sopravvivere. Aladdin è simile ad un Robin Hood orientale che ruba cibo o tesori preziosi per poi donare tutto ai più poveri, sebbene egli non sia per niente ricco. Al contrario di Jasmine egli vive nel mondo, non ha una casa né tantomeno un palazzo ma subisce una prigionia diversa che è appunto quella della precarietà e dell’instabilità. Allo stesso modo, Il Genio, colui che tutto può grazie alla sua magia, in realtà non usa i suoi poteri per sé ma per servire i possessori della Lampada, l’oggetto che può essere considerato il simbolo del libero arbitrio dell’uomo.
Aladdin, a testimonianza del suo buon cuore, userà il suo terzo e ultimo desiderio per liberare il Genio da questa schiavitù. È proprio nel personaggio di questo spirito blu che è nascosto un altro dei diversi insegnamenti che l’Aladdin made in Disney vuole rivelare: il desiderio di poter avere tutto è un grande pericolo che ci distoglie dalla retta via e dall’importanza dei valori e della bontà d’animo ed è proprio questo insegnamento che il perfido Jafar non è riuscito a comprendere. Consumato dalla cupidigia e desideroso di avere a tutti i costi la lampada, insieme al suo pappagallo Iago, ha cercato a tutti i costi di rovesciare l’equilibrio creatosi a palazzo ma non è mai riuscito ad avere la meglio.
“Non puoi stare rinchiusa per sempre, è il tempo per volare. Questa voce nessuno la spegne” così grida Jasmine in una canzone del live action uscito nel 2019 diretto da Guy Ritchie. Ascoltando questa protesta che in fondo è quella di tutti i protagonisti, lo spettatore non può far altro che appassionarsi a questa meravigliosa storia e vedere nella principessa e nello straccione le ombre di Romeo e Giulietta, altri due giovani innamorati morti per il loro amore. La storia di Al e Jas, come quella di altre coppie, continuerà ad essere tramandata e amata anche soltanto per sognare di fare un viaggio sul tappeto volante e gridare a tutti: Il mondo è mio!