Il 21 febbraio 1965, durante un discorso pubblico in una sala di New York, Malcolm X, il radicale e controverso leader per i diritti degli afroamericani morì in seguito a un’aggressione con armi da fuoco. Le circostanze della sua morte rimangono tuttora un territorio non sufficientemente esplorato, del resto anche il processo che ne è conseguito non ha fatto chiarezza circa le identità di tutti gli aggressori. Il regista Spike Lee diede un suo contributo a questa causa realizzando il film biografico Malcolm X (1992). Quest’anno è stato Netflix a consentire che si provasse nuovamente a far luce su quegli avvenimenti, producendo la docu-serie Chi ha ucciso Malcolm X? (trailer), già disponibile sulla piattaforma dal 7 febbraio.
Si tratta di una vera e propria serie d’inchiesta che ricostruisce gli eventi, le situazioni e lo stato di cose che hanno preceduto l’assassinio di Malcolm X. Il personaggio chiave di questa indagine è Abdur-Rahman Muhammad, un ricercatore indipendente che ha dedicato la sua vita a raccogliere più informazioni possibili sull’accaduto. Le sue competenze lo rendono il conduttore del percorso che la serie vuole affrontare. Il racconto si snoda con una ricca ed efficace offerta di materiale d’archivio (sia video che audio), supportata da interviste svolte a personaggi vicini a Malcolm X, familiari, seguaci, testimoni dell’omicidio, un condannato che si rivelerà innocente e persino ex membri di polizia che avevano il compito di intercettarlo.
Malcolm X era infatti entrato pienamente nel mirino dell’FBI dagli anni ’50, specialmente dopo la sua adesione alla Nation of Islam (NOI), un’organizzazione fortemente centralizzata nella sua guida religiosa Elijah Muhammad, che auspicava la creazione di una nazione nera e musulmana separata dall’America. Malcolm X divenne in breve tempo il riferimento politico dell’organizzazione, grazie alla sua dedizione e alle sue pungenti predicazioni la NOI conobbe una crescita di consensi negli Stati Uniti che fece davvero credere alle istituzioni e alla comunità afroamericana dell’imminenza di una rivoluzione nera.
Malcolm X lasciò l’organizzazione nel 1964 dopo esserne stato allontanato dai suoi vertici per motivi di immagine e per il crescente consenso politico che stava ottenendo. L’ultimo suo anno di vita fu contraddistinto da una rinascita religiosa e politica dopo un pellegrinaggio a La Mecca, ma anche dal crescente presentimento di una cospirazione contro di lui. Attraverso l’indagine di Abdur-Rahman Muhammad, grazie alla consultazione di storici e di documenti ufficiali prendono corpo le dinamiche che tirano in causa il Dipartimento di Polizia, l’FBI e la stessa NOI nell’omicidio di quello che era ormai considerato un vero pericolo per la stabilità americana.
Chi ha ucciso Malcolm X? ripercorre i luoghi simbolici della vicenda, denuncia la negligenza (intenzionale?) che ha caratterizzato le indagini negli anni successivi all’accaduto, accusa le istituzioni preposte di aver volutamente insabbiato la verità, che la docu-serie alla fine sembra raggiungere in alcuni suoi aspetti. Parallelamente viene esposta con passione in questa coinvolgente e documentata ricerca l’importanza del ricordare eventi come questo, per poter meglio collocare quelle problematiche connesse alla discriminazione razziale (in particolare in America) che non sono state ancora definitivamente superate.
Recentemente il procuratore di New York, Cyrus Vance Jr. ha dichiarato di stare valutando la prospettiva di tornare sulla questione e riaprire il caso. È da considerarsi in parte una vittoria per Rachel Dretzin e Phil Bertelsen, registi e produttori della serie, ma in generale per tutti coloro che per anni hanno continuato a credere che non era mai emersa la verità intorno a quel 21 febbraio 1965.