In occasione della promozione italiana di C’Era Una Volta A… Hollywood (trailer), ultimo film di Quentin Tarantino, si è tenuta al Cinema Adriano di Roma la première nei giorni 2 e 3 agosto. Ad accompagnare la pelliccola, proiettata in prima assoluta in Italia in versione originale 35mm sottotitolata, oltre al regista anche due delle star del film, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie.
La mattina del 3, a seguire la proiezione, si è svolta una conferenza stampa alla quale hanno partecipato gli attori sopracitati, Tarantino e gli altri due produttori Shannon McIntosh e David Heyman (all’attivo con l’intera saga cinematografica di Harry Potter). La prima domanda è proprio per questi due:
Com’è produrre un film di Tarantino, qual è il rapporto che si instaura tra produttore e regista.
McIntosh: “E’ un percorso emozionante, un’avventura che prende il via da lontano e che può rivelarsi anche lunga, ma indubbiamente stupenda.”
Heyman: “Lavorare con Tarantino è un privilegio, è un regista che controlla ogni singolo aspetto della produzione curando tantissimo i particolari che poi riesce a portare in vita sullo schermo. Il suo è un creare per il puro piacere di farlo, e questo rende l’esperienza unica.”
Si è passati poi alle domande rivolte agli attori e al regista.
Qual è la sfida di interpretare un attore sulla via del tramonto.
DiCaprio: “La sceneggiatura del film è brillante ed intelligente, evidenzia lo stretto rapporto tra questo attore e il suo stuntman (interpretato da Brad Pitt), mostrando sullo sfondo la cultura hollywoodiana che cambia e con essa il tentativo del protagonista di rimanere in vita e adattarsi. Il dialogo con Tarantino è sempre stato fitto, in particolar modo su come poter ritrarre l’anima di questi personaggi mostrando solo una porzione ridotta delle loro vite. Da questo punto di vista ha aiutato il lavoro svolto sui particolari, che hanno permesso di portare all’esterno la vera natura del protagonista, probabilmente bipolare, angosciato dal senso di mortalità e dal procedere in avanti del mondo anche senza di lui.”
Che effetto ha fatto avvicinarsi a frammenti di cinema passato.
DiCaprio: “Uno dei grandi privilegi della professione dell’attore è la possibilità di entrare in contatto con temi e tempi non aperti a tutti. E’ anche grazie al fatto che Tarantino sia un cinefilo che si è presentata l’opportunità di entrare nel mondo della televisione e del western degli anni ’50, realtà per le quali lui nutre un profondo rispetto. La sua cultura cinematografica, televisiva e musicale di quei tempi è sconfinata, frutto di una reale passione che poi è alla base di tutto.”
Responsabilità nell’essere un attore di riferimento per un regista.
DiCaprio: “Responsabilità è una grande parola dalla quale mi sento anche initmidito. Ho sempre amato il cinema, fin da giovanissimo, quando andavo a vedere film in sala. Se oggi un ragazzo mi dice di voler entrare in questo mondo gli suggerisco di guardare moltissimi film per crescere sulle spalle dei giganti. Così si è sviluppata la mia formazione e tutt’ora mi domando sempre con chi posso lavorare e allo stesso tempo migliorarmi, quale regista sia in grado di farmi recitare bene e dare al pubblico la sensazione di essere parte di ciò che sta vedendo.”
L’approccio alle vicende e ai tempi narrati nel film.
Robbie: “Sotto certi aspetti sono molto felice di lavorare in questo periodo storico, anche come donna. Amo molto i film usciti tra gli anni ’60 e ’70, che è stato un momento di grande fermento e cambiamento all’interno di Hollywood, un po’ come penso stia accadendo anche ora.”
Tarantino: “Moltissimo di quanto c’è nel film è ciò che è avvenuto in passato, che ho avuto anche modo di vedere con i miei stessi occhi, a partire, ovviamente, dai film. The Wrecking Crew (da noi Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm) l’ho visto proprio in quegli anni ed è dove ho conosciuto Sharon Tate, donna davvero divertente e eccezionale. Anche nei momenti in cui faceva ridere rimaneva comunque elegante, sicuramente ha dato grande ispirazione per la realizzazione della sceneggiatura.”
DiCaprio: “E’ stato molto affascinante, soprattutto tenendo conto dell’importanza del ’69 come anno, punto di svolta nella storia americana e del suo cinema, periodo in cui i registi conservavano ancora un concreto potere di fare e migliorare i propri film.”
Il personaggio di Sharon Tate.
Robbie: “Molti degli spunti per l’interpretazione di alcune scene, come ad esempio quella girata all’interno del cinema, sono arrivati direttamente dall’esperienze di vita di Tarantino. La sceneggiatura mi ha davvero catturata, grazie a una ricerca del dettaglio e una specificità che sono un regalo per l’attore. Viene lasciato davvero poco all’immaginazione, è tutto lì, concretamente, sul set. Girare certe scene è una vera gioia, la sensazione era di essere realmente lì, nella Hollywood del 1969. Non so se mi capiterà di vivere ancora un’esperienza simile in futuro.”
Le differenze tra Hollywood di allora e quella di oggi e il potere del cinema di mutare la realtà.
Tarantino: “Il cinema attuale è già molto differente, ad esempio, da quello degli anni ’90. La prima cosa che mi viene in mente è come la gente solo qualche decennio fa si impegnasse concretamente nella creazione dei set e di luoghi fisici in cui girare. Prima era tutto reale, finiva per costare un sacco di soldi e avveniva realmente. Ora nemmeno le grandi major lo fanno più, la maggior parte del lavoro finisce in post-produzione. La sensazione è quella di aver perso un patrimonio enorme, sia per quanto riguarda il potere di evocare certe immagini sia per l’importanza della manualità e dall’artigianalità. Il digitale ha sicuramente un grande potenziale ma rappresenta anche un grande pericolo, rischia di vanificare il valore reale delle cose. Come si può fare per catturare ancora una bella e reale immagine?”
Il film, la cui recensione arriverà nei prossimi giorni, sarà nelle nostre sale a partire dal 18 settembre.