Capone (qui il trailer) è un film del 2020, di Josh Trank, il regista statunitense che esordì egregiamente ad Hollywood nel 2011 con Chronicle, ma che venne in seguito fortemente criticato per il disastroso Fantastic 4. Trank, nel tentativo di redimersi e riconquistare la fiducia del pubblico e della critica, scrive, dirige e monta questo biopic sul gangster italo-americano più famoso di tutti i tempi, affrontandolo però in modo del tutto originale. Siamo distanti dalle molteplici pellicole hollywoodiane, nelle quali la figura di Scarface veniva rappresentata in tutta la sua potenza, tra omicidi, ricatti e traffici illegali. Nel film di Trank del boss malavitoso e del suo violento passato non rimane che un’ombra sbiadita.
Capone, infatti, è ambientato a cavallo del 1947, durante quello che fu l’ultimo travagliato anno di vita del celebre gangster. Malato gravemente di neurosifilide ed una precoce demenza senile, Alphonse Capone (Tom Hardy), chiamato “Fonzo” dai suoi familiari, vive esiliato in Florida sotto la sorveglianza dell’FBI. Ad accudirlo è la devota moglie Mae (Linda Cardellini) che ha ormai preso in mano la gestione della villa. Tormentato dai ricordi di un passato violento e perseguitato dalle allucinazioni non distingue più la differenza tra realtà e immaginazione, mentre lotta per ricordare la posizione di un presunto ingente bottino da lui nascosto anni prima.
Il film è stato uno dei tanti che ha dovuto saltare l’uscita in sala per approdare direttamente in VOD in America, ma soltanto per un periodo limitato. Nei due giorni che è stato online, Capone è riuscito comunque ad attirare un discreto numero di pubblico ed è stato inoltre oggetto di pareri contrastanti a livello di critica. Ma se c’è una cosa sulla quale tutti hanno concordato è la straordinaria performance di Tom Hardy. L’attore, infatti, si dimostra ancora una volta un artista poliedrico, molto abile nel trasformare completamente la sua personalità, anche con l’aiuto di un discreto quantitativo di trucco. L’interpretazione di Hardy si avvicina al Don Vito Corleone di Marlon Brando, con una voce molto strozzata che rende difficile la piena comprensione delle sue frasi ed un atteggiamento quasi macchiettistico. Trank non a caso affida tutto il peso del film sulle spalle della star hollywoodiana, ma così facendo rischia di non dare il giusto spazio ad interessanti personaggi secondari e a potenziali sotto-trame.
Ad esempio, la presenza dell’FBI rimane marginale per la maggior parte del film, senza mai acquistare un vero e proprio ruolo all’interno della trama. Inoltre il montaggio non permette allo spettatore di comprendere il criterio di distinzione tra ciò che è reale e ciò che è invece nella mente del protagonista: anche alcune scene nelle quali egli non è presente si rivelano essere frutto della sua immaginazione.
Come abbiamo detto però, l’idea di base è molto interessante, a partire da quello che doveva essere il titolo originario del film: “Fonzo”, che aiutava a sottolineare da subito la differenza del contenuto rispetto ai lavori precedenti, dando un’accezione più intima alla storia. È infatti il nome usato dalla sua famiglia, che cerca in tutti i modi di lasciarsi il passato alle spalle. Ma è proprio questo passato che, nella visione di Trank, non può essere dimenticato ne tantomeno perdonato. Se c’è la volontà di redimersi, il vecchio gangster lo fa nell’unico modo che conosce: attraverso la violenza.
Capone è un film che viaggia su una linea onirica accostabile ai lavori di Lynch, ma che non ne condivide la stessa forza narrativa. Il rimprovero principale che potremmo fare al regista è quello di non aver sfruttato al meglio un idea narrativa molto interessante, rimanendo superficiale e leggermente confuso. È sicuramente un film da vedere, sia per la sua particolarità che per l’eccellente performance di Tom Hardy, ma che non va oltre e di conseguenza non permette a Josh Trank di riscattarsi del tutto.