Con Black Flies torna al Festival di Cannes Sean Penn, in una produzione cupa e perturbante sul mondo del pronto intervento americano che lo vede affiancato dal capace Tye Sheridan e con un inedito Michael Pitt che gioca il ruolo del trickster eternamente sopra le righe. Alla regia del dramma troviamo Jean-Stéphane Sauvaire, già regista del sorprendente Una preghiera prima dell’alba.
Ollie Cross (Tye Sheridan) vive la sua vocazione di infermiere in attesa di diventare un vero medico. Il giorno studia e la notte viaggia per la città con il suo esperto collega Gene Rutkovsky (Sean Penn). Ogni notte il pronto intervento incontra la morte e il dolore: alcuni pazienti ce la fanno, altri muoiono fra le braccia dei loro soccorritori e si potrebbe dire che più o meno questa è la trama del film: il resto è una costante elaborazione del lutto, della separazione ed un continuo confrontarsi con il dolore interiore e la depressione che indirettamente viene alimentata dalla pesantezza del lavoro quotidiano.
La regia è di buon livello e gli interpreti tengono il gioco alla perfezione, merito anche di una maturità ed esperienza ben consolidate. Il principale difetto si vede in effetti nella sceneggiatura: i personaggi sono troppo stereotipati, le scene chiave piuttosto prevedibili e le svolte vengono in qualche modo anticipate da una scrittura che rispetta le regole con troppa precisione rendendo tutto troppo semplice da intuire. La qualità generale della produzione è molto alta ma cade proprio a causa di una struttura mal gestita all’inizio che pregiudica la forza drammatica del film.
L’opera evidenzia comunque il talento di Jean-Stéphane Sauvaire e conferma con chiarezza che il regista è in grado di lavorare con maestranze di alto livello e attori da tripla A. Siamo insomma di fronte ad un film drammatico di buon livello con un cast commerciale ed un modello collaudato che richiamerà, nonostante i difetti, l’attenzione di un pubblico medio piuttosto numeroso in tutto l’Occidente.