Tornano a Cannes con Tori e Lokita i fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne, la coppia belga del cinema realista di qualità che da decenni segue le orme della scuola di cinema ereditata dal neorealismo francese e dalla visione proletaria di Kenneth Loach. Il nuovo film dei Dardenne torna alle origini della loro carriera con la storia delicata e sofferente di due giovani immigrati in attesa di riconoscimento legale in Belgio: il piccolo Tori, un favoloso Pablo Schils e la fragile ma coraggiosa Lokita, interpretata da un’intensa Nadège Ouedraogo. I due giovani devono cercare di vivere come possono, consegnando pizze a domicilio e spacciando stupefacenti per lo stesso pizzaiolo. Lokita deve anche accettare di avere prestazioni sessuali contro la sua volontà per ottenere più danaro per la famiglia in Africa e per non irritare il criminale che li sfrutta.
I fratelli Dardenne esordiscono nel 1978 con il loro primo documentario di 52 minuti girato a quattro mani, Le chant du rossignol. Raggiungono poi la popolarità internazionale solo nel 1996, con l’intenso e straziante lungometraggio di finzione La promesse, che narra la storia di un padre belga che sfrutta il proprio figlio per trafficare e approfittare di immigrati clandestini. Quando uno di loro morirà, il ragazzino, sentendosi responsabile, cercherà di prendersi cura della famiglia della vittima ad insaputa del padre. Il film otterrà riconoscimenti internazionali e sarà seguito da opere di eguale intensità drammatica e valore sociale come Rosetta e Il figlio. Nel 2014 il magnifico e doloroso Due giorni, una notte interpretato da una favolosa Marion Cotillard segnerà il vertice di notorietà cinematografica dei fratelli belgi.
Nel nuovo film Tori e Lokita i protagonisti immigrati sono in perpetua attesa del permesso di soggiorno e in balia del crimine organizzato, diventando carne da macello per il lato oscuro dell’Europa a cui nessuno vuole guardare o sentirne parlare. Il film segue la vita dei due giovani protagonisti fra spaccio, strozzini, violenza ed una dura noncuranza delle istituzioni, che sfocia talvolta in severità ingiustificata della polizia o in diffidenza da parte delle strutture sociali. I fratelli Dardenne raccontano una storia semplice e angosciante di prigionieri invisibili, schiavi del mondo contemporaneo che vivono ai margini del nostro sguardo, rumore lontano nella vita di un’Europa che, con la propria indifferenza, si rende connivente dello schiavismo delle mafie occidentali.