L’Asia trionfa ancora a Cannes dopo solo un anno dal successo del giapponese Hirokazu Kore’eda (Un Affare di Famiglia), che condivide con il film coreano Parasite (qui il trailer) di Bong Joon Ho diversi elementi. Il tema della famiglia, della crisi economica, della disparità sociale, dell’indifferenza dello Stato e perfino della disfunzionalità borghese ritornano in una chiave grottesca, ironica e selvaggiamente sanguinosa. Eppure dietro a questo turbine di argomenti ed emozioni si nasconde perfino una solida metafora sulla separazione delle due coree e su chi vive al di sotto della soglia economica, gli invisibili, che in questo film prendono una forma fisica brillante e coinvolgente.
Le metafore del film, il loro sottotesto ideologico geniale, la trasformazione creativa di una problematica sociale astratta in una situazione diretta e coinvolgente, fanno di questo film un prezioso lavoro di scrittura, qualcosa che potremmo dover studiare nei prossimi anni anche in ambito di analisi del film. Ogni sottotesto, metafora, messaggio nascosto prende forma nello sviluppo finale fino ad essere quasi esplicito, e per questa ragione si negherà al lettore qualsiasi esempio della genialità degli sceneggiatori Bong Joon Ho e Han Ji Won. Infatti ogni elemento di analisi più stimolante è strettamente legato ad un colpo di scena che cambia la chiave di lettura del film da parte dello spettatore. Guardando l’amalgama dei dettagli della storia, il gioco dello spazio scenico, la scrittura ed il montaggio e comparandolo alla regia degli attori e alla recitazione, ci si trova di fronte ad un prodotto che obbliga a pensare ad una sinfonia ben riuscita, la somma ben calibrata, e forse anche un pò fortunata, degli elementi che fa di un film qualcosa di meglio e di più.