Per chi è stato adolescente negli anni ’90, nomi come Blanka, Honda o Chun-Li non possono non riportare alla luce ricordi intrisi di dettagli come monetine, cabinati, stanze buie di bar dietro l’angolo, una buona dose di adrenalina ed ore infinite passate con gli amici. Street Fighter, ed in particolare il secondo capitolo della saga, Street Fighter II: The World Warrior, è il videogioco arcade più famoso di sempre ed il nuovo action movie di Joe Carnahan (Stretch, The Grey), Boss Level (Quello che non ti uccide) (trailer), uscito su Amazon Prime Video il 19 luglio, sembra farci rivivere quell’elettrizzante momento in cui sullo schermo del cabinato, una volta inserita la monetina e scelto il lottatore preferito, compariva la scritta Fight! ed iniziava finalmente il gioco.
All’inizio il film ha infatti le sembianze di un videogioco coin-op anni ’80, con una musichina che ricorda Pac-Mac seguita da una schermata con la scelta dei personaggi e da un inserto con su scritto (in un verde simile a quello del codice di Matrix): Tentativo 139. A questo punto il dettaglio di un orologio ed un movimento di macchina ci portano nell’appartamento del protagonista, Roy Pulver (interpretato da Frank Grillo), introducendo gli elementi salienti del film: gli effetti speciali, i muscoli dell’attore, un’abbondante dose di azione e violenza ed il tempo che passa. Un tempo che però si ripete di continuo, come ricominciando daccapo una partita dopo il game over, che avviene con la morte del protagonista e ricomincia con lo stesso inizio della stessa giornata.
Il voice over di Frank Grillo ed un flashback ci illustrano gli antefatti della situazione di loop temporale. Roy è un agente delle forze speciali, mentre la sua ex-moglie, Jemma (Naomi Watts), collabora con il colonnello Clive Ventor (Mel Gibson) in un poco chiaro progetto scientifico. Dopo un incontro, Roy e Jemma si separano, e la mattina seguente ha inizio l’anello temporale, spingendo il protagonista alla ricerca di un modo per porvi fine. A differenza del povero Leonard Shelby di Memento, Roy ricorda ciò che è avvenuto il giorno prima, e può quindi utilizzare le informazioni ottenute anche dopo il gameover.
Il film si inserisce in un filone di film e serie basati sul loop temporale che anche la piattaforma Amazon ha recentemente distribuito, come La mappa delle piccole cose perfette del 2021. Ci sono anche diversi precedenti, come Palm Springs o lo storico Ricomincio da capo del 1993, con Bill Murray e Andie MacDowell, o i prodotti Netflix Ricomincio da nudo, del 2017, o Russian Doll, del 2019. La particolarità di Boss Level è quella utilizzare la ripetizione ed il loop temporale per rievocare e simulare la struttura di un altro ambito mediale, quello del videogioco, provocando nello spettatore, con una buona dose di ironia, la sensazione di sconfitta e di rabbia che si prova quando si perde una partita.
Continui sono i riferimenti al mondo dei videogames degli anni ’80 e ’90, inducendo un sentimento, anche se labile, di technostalgia in chi è vissuto in quegli anni, facendo leva su una tendenza a pratiche di retrogaming di molti millennial, soprattutto di sesso maschile. Questo citazionismo, tuttavia, non ricrea a sufficienza sullo schermo un universo mitico ispirato all’immaginario collettivo di quegli anni, e resta pertanto piuttosto fine a sé stesso. Il tentativo appare persino appena abbozzato se paragonato a film come Ready Player One di Steven Spielberg, in cui i riferimenti alla cultura degli anni ’80 avviene in maniera molto più massiccia e trasversale, sfruttando un doppio piano diegetico per operare una più ampia riflessione anche sul cinema.
Il tentativo nel film di far proprio il concetto di cultura convergente appare pertanto solo parzialmente riuscito ed il fatto di utilizzare un solo piano diegetico, ad eccezione di un flashback, rende piuttosto piatta la narrazione. Troppo scarsa è inoltre la caratterizzazione degli altri personaggi oltre a Roy, come quello interpretato da Naomi Watts e Mel Gibson. Nel “livello” del Boss, cioè nelle sequenze in cui si scontrano Roy e Ventor, e a cui fa riferimento il titolo del film, non ci sono sconvolgenti cambiamenti rispetto al resto del film, relegando il personaggio del villain interpretato da Mel Gibson ad un ruolo ancor più secondario.
Se Street Fighter ha fatto la storia e ha contribuito a plasmare l’immaginario di milioni di persone, la stessa cosa non può dirsi di questo film, che riserva molti momenti di adrenalina, ironia e divertimento ma in cui si intravede un citazionismo che valeva la pena approfondire ma che resta troppo superficiale.