Ebbene sì, la tempesta è arrivata, gli ultimi otto episodi della sesta stagione di BoJack Horseman sono ora disponibili su Netflix (qui il trailer). Oramai tutte le tessere del puzzle preparate con gli episodi di ottobre si sono incastrate tra loro e hanno dato vita ad un unico quadro, potente, triste ed empatico, all’interno del quale BoJack non può fare altro che faticare per provare a non perdersi.
È arrivata la fine. È la conclusione di un percorso intrapreso anni fa, un sentiero che con ogni episodio apriva una nuova riflessione, un nuovo discorso critico che ci costringeva a metterci nei panni di quel cavallo-attore disperato. Forse in maniera catartica eravamo felici di vederlo angosciato da problemi più grandi di lui, ed essere messo in difficoltà per ogni sua scelta. Forse ogni sfida che il nostro BoJack doveva affrontare nel mondo di Hollywoo(d) la riconoscevamo nel nostro piccolo universo, nella nostra casa, nelle nostre compagnie e nelle nostre relazioni. Proprio per questo ci mancherà, eravamo sollevati dal vedere qualcun altro vivere le nostre stesse difficoltà, e ingenuamente anche rassicurati dal fatto che qualcuno vivesse situazioni anche peggiori delle nostre, dando così nuova luce agli avvenimenti più vicini a noi, rendendoli meno insormontabili.
Perché alla fine è stata questa la potenza della serie, accorciare le distanze tra il nostro protagonista e gli spettatori, in una maniera tanto forte e ben costruita da farci sembrare gli avvenimenti raccontati reali e farci dimenticare che in fondo si tratta di una serie animata. É praticamente arrivata a conclusione la più catartica tra le serie contemporanee, e questo non può che rattristare.
Chiusa la parentesi emotiva bisogna parlare di questi ultimi episodi nello specifico. Il tono del racconto rimane classico e non varia con l’avvicinarsi della fine. Resta distaccato e mostra gli eventi in maniera reale, senza alcun fronzolo e senza voler in alcun modo giustificare le azioni del protagonista. Tutto ciò che ci viene mostrato mantiene quegli elementi di crudezza e tristezza intrinseca propri della serie.
Nel corso delle varie stagioni si sono succedute storie senza una particolare costruzione spettacolare, di episodio in episodio ci sono stati presentati spaccati di realtà e di vita del protagonista che trovavano la propria forza nel realismo dei caratteri dei personaggi. Ognuno di essi è stato costruito ad arte, con i suoi problemi, le sue ingenuità e i suoi difetti. Gli scontri tra queste varie personalità hanno costruito storie magnifiche basate sui rapporti umani, sulle diverse opinioni e sul contagio comportamentale.
A nessuna delle singole narrazioni è mai stato chiesto di avere un vero e proprio lieto fine, e questo perché semplicemente non sarebbe stato possibile, non sarebbe stato reale. BoJack incarna a suo modo questa verità. Il suo alcolismo, considerato la causa di tutti i suoi problemi, si rivela essere la maschera perfetta per coprire il suo stesso essere. Una volta tornato sobrio il protagonista non può far altro che accorgersi che tutti gli errori compiuti nella vita, che lo continuano a tormentare come fantasmi, non sono altro che conseguenze del suo comportamento e delle sue azioni, impossibili da scacciare con la sobrietà. Ma la rivelazione più grande per il nostro cavallo alcolizzato, dopo una vita di spensieratezza passata cercando di fuggire dai problemi, rimane il fatto che nessuno viene premiato dalla vita se agisce in maniera corretta. Non esistono premi o punizioni, non c’è alcun significato mistico nella vita stessa.
Ci sarebbero molte cose da dire su ogni singolo episodio, ma per evitare spoiler, e per far sì che ogni spettatore possa godersi appieno la serie senza sapere nulla, è meglio restare sul vago e rimandare i discorsi più specifici di qualche settimana.
Detto questo però due accenni finali sono d’obbligo. Il primo riguarda il penultimo episodio, al quale bisogna riservare un encomio speciale. Questo capitolo della storia è tanto sorprendente come, nella scorsa stagione, lo è stato quello del monologo del funerale della madre di Bojack. Ebbene la sua potenza narrativa sta in ogni singola scelta degli autori ed ognuna di queste rappresenta una summa di emozioni, eventi e scelte che partono dalla prima stagione e si concludono con questo episodio. È, dei nuovi otto episodi, senza dubbio quello dal maggior impatto, non solo per gli eventi in sé quanto per le scelte visive e il palesamento della disillusione della positività della vita. Un singolo episodio che vale come un’intera stagione.
Il secondo accenno invece riguarda la fine della serie stessa. Oramai siamo abituati ad avere conclusioni potenti che presentano la risoluzione di tutti i discorsi aperti nel corso degli episodi, in maniera tale da chiudere ogni narrazione aperta e non scontentare i fan. Scordatevi che questa abitudine valga anche per BoJack Horseman. La serie finisce come è iniziata, in medias res. Alcune sottotrame trovano conclusioni o risposte, ma questa sesta stagione resta aperta sul finale, senza alcuna scelta spettacolare. Continua ad essere se stessa senza aver bisogno di dimostrare niente a nessuno e trovando la propria forza nel distacco da tutte quelle serie classiche che hanno come obiettivo esclusivo il soddisfacimento degli spettatori. Si conclude meravigliosamente con quello spaccato di vita di cui mi sembra di aver già parlato abbastanza.