Blade Runner e la città del domani

Blade Runner approfondimento del film di Ridley Scott DassCinemag

«I film di solito presentano il futuro come una realtà immacolata e austera. Secondo me andrà da tutt’altra parte.» Queste le parole del regista di Blade Runner (trailer), il più seminale dei film di fantascienza, quello che più di tutti ha mutato la nostra idea di futuro. Un capolavoro che, dopo oltre 40 anni dalla sua uscita, continua a ispirare architetti e visionari, rendendo la distopia un potente specchio delle nostre paure e aspirazioni. Sin dalle proprie origini il cinema ha creato mondi di fantasia, mettendo in scena veri e propri universi alternativi. Ciò è stato possibile grazie al legame inscindibile tra architettura e cinema. L’architettura conferisce concretezza e tangibilità alla trama di un film rendendo immediatamente identificabile il luogo e l’epoca in cui è ambientato. Così come il cinema permette di conservare tracce di architettura d’epoca ormai scomparsa, o addirittura di creare città non ancora esistenti, ispirando gli architetti nella realizzazione di progetti futuri.

Il rapporto tra cinema e architettura si è sviluppato a partire dal 1914 con il lungometraggio di Giovanni Pastrone, Cabiria, il quale rivoluzionò la scenografia del cinema, non più solo bidimensionale, come nei film di Georges Méliès, ma anche tridimensionale, rendendo i set più realistici. Successivamente, tale rapporto si è consolidato intorno agli anni ’20 con la nascita del movimento espressionista tedesco, nel quale confluiscono gli elementi fondamentali espressionisti utilizzati dalle principali discipline artistiche (pittura, letteratura, teatro e architettura): colori irrealistici, figure caratterizzate da espressioni grottesche, prospettive deformate e forti contrasti tra luci e ombre, corrispondenti a deformazioni dello stato d’animo dei personaggi, alle atmosfere fantastiche, oniriche e angoscianti dei racconti.

Con l’espressionismo tedesco il set iniziò ad essere concepito come un elemento al di là dello spazio cinematografico convenzionale, diventando un vero e proprio personaggio all’interno dei film: gli scenari espressionisti erano visioni scaturite dalla narrazione, con architetture distorte, non corrispondenti alla realtà, che rimandavano agli incubi. E’ proprio attraverso l’approccio soggettivo al mondo che gli spazi scenici sottolineavano l’interiorità dei personaggi, soffermandosi, in particolare, su ansie e stati mentali. Il cinema espressionista ha offerto a scenografi e architetti l’opportunità di indagare gli effetti psicologici mettendo in relazione elementi quali: primo piano e sfondo, distanze e diagonali, ascendenti e discendenti, orizzonti alti e bassi, illuminazione diffusa e concentrata, sviluppando un vocabolario grafico, formale e spaziale di alto potenziale drammatico.

A partire dagli anni ’80, con l’affermarsi della CGI (computer-generated imagery), si è assistito ad una ulteriore rivoluzione della scenografia cinematografica. La CGI, un’applicazione nel campo della computer grafica 3D, infatti, è in grado di consentire la creazione di immagini altamente realistiche (modelli dettagliati, paesaggi incredibili e persino personaggi virtuali) attraverso la digitalizzazione di un’immagine bidimensionale, con l’obiettivo di gestirla in qualsiasi tipo di vista tridimensionale.

Il forte legame tra cinema e architettura è evidente, soprattutto, nei film di fantascienza, il cui scopo è di raccontare il futuro partendo dal presente. La nascita di tale genere cinematografico risale all’uscita di Viaggio nella Luna (Georges Méliès, 1902), la prima pellicola che abbia le caratteristiche per essere considerata di fantascienza. Come afferma il giornalista Lorenzo Fantoni, il genere della fantascienza percorre due filoni: uno utopico e l’altro distopico. «Il primo è positivista, e ipotizza un futuro in cui gli esseri umani hanno superato determinate diseguaglianze sociali in virtù di un progresso superiore», mentre, il secondo «che ci voleva mettere in guardia da un futuro distopico, dalle multinazionali, dalla disumanizzazione, da un mondo dove valiamo quanto a venderci», sembra essere quello che influenza maggiormente la nostra epoca, soprattutto in ambito cinematografico.

Uno dei più iconici scenari all’interno del cinema sci-fi è la urbe del futuro, di cui Metropolis, film diretto da Fritz Lang nel 1927, costituisce il modello per eccellenza: il film è ambientato in una città futuristica nell’anno 2026, nella quale tutti i sistemi (politico, sociale, economico e urbanistico) sono un’anticipazione dei tempi nostri. Pochi altri sono stati i film in grado di rappresentare con eguale potenza l’immagine della città fantascientifica, primo fra tutti Blade Runner. Questa pellicola ha gettato le basi dell’immaginario cyberpunk, sottogenere della fantascienza ambientato in un futuro distopico, caratterizzato da tecnologia avanzata e dal ribaltamento dell’ordine sociale, in cui la maestosità e la freddezza con cui vengono rappresentate le città suscitano un senso di inquietudine, corrispondente alla perdita di controllo da parte dell’uomo sull’ambiente.

Blade Runner, film diretto da Ridley Scott nel 1982, è tratto da un racconto del 1968 di Philip K. Dick, intitolato Do Androids Dream of Electric Sheep?. Nonostante sia ambientato nel futuro, più precisamente nella Los Angeles del 2019, appartiene al filone del Retrofuturismo, corrente artistica contemporanea che trae ispirazione dal modo in cui il futuro è stato immaginato in passato. Infatti, lo stesso regista definì lo stile del film come “vecchio di quarant’anni”, ma “collocato quarant’anni nel futuro”. Significativa, da questo punto di vista, è la scena iniziale del film, in cui agli imponenti grattacieli della città vengono contrapposte dalle ciminiere “sputa fuoco”.

Cupo, angoscioso, intriso di una malinconia tipica del noir anni 40 – con la figura dell’eroe riluttante e disincantato – affoga i suoi umori in una metropoli ricostruita attraverso un apparato scenografico maestoso e da effetti speciali improntati non all’esaltazione della spettacolarità quanto alla diffusione di un senso di elegiaca tristezza e vuoto esistenziale. L’architettura è concepita per assorbire la luce, creare ombre e anfratti in cui gli esseri (umani e non) possano nascondersi e perdersi, suscitando nello spettatore, un senso di claustrofobia. Nel mondo immaginato da Scott non esiste il giorno; le uniche fonti d’illuminazione provengono dalle insegne al neon che creano una sorta di nebbia permanente.

L’architettura del film si rifà ai progetti dell’architetto A. Sant’Elia, alla visione urbana dei lavori del fumettista francese Moebius e alla tecnologica Hong Kong (in particolare lo skyline post-industriale) oltre, ovviamente, all’espressionismo tedesco, in particolare a Metropolis.

L’intento del regista era di mostrare una città multietnica vittima della globalizzazione. Infatti, esattamente come in Metropolis, l’architettura urbana vuole sottolineare una rigida stratificazione sociale: l’altezza degli edifici che rappresentano il potere è estremamente verticalizzata, mentre nell’appartamento di Rick Deckard (Harrison Ford) il soffitto è basso. La Los Angeles di Blade Runner è un universo verticale fatto di grattaceli illuminati dalle luci della notte e sormontati da megaschermi che trasmettono a ciclo continuo sorridenti messaggi pubblicitari. Poi, però, si scende a precipizio dentro strade claustrofobiche brulicanti di uomini e donne senza alcuna meta da raggiungere.

Un’altra corrispondenza con Metropolis sono le torri cilindriche del Westin Bonaventure Hotel (nel film, quartier generale della polizia di Los Angeles), che richiamano direttamente la mastodontica torre di Babele, l’edificio dominatore della pellicola di Lang. Di fatti, David Dryer, il supervisore degli effetti speciali, fece largo uso di alcuni fotogrammi realizzati da Lang per regolare le riprese delle miniature degli edifici, a causa dell’ancora mancata esistenza degli effetti speciali digitali. Tant’è che per il film furono utilizzati molti espedienti analogici, tra cui fondali e modellini in scala, soprattutto per la realizzazione degli spinner, le automobili volanti su cui si muovono i personaggi del film.

Tuttavia, il film di Scott, rispetto a quello di Lang, presenta un’ambientazione più decadente, come per il cyberpunk. Questa atmosfera, basata sul celebre dipinto di Edward Hopper I Nottambuli, è caratterizzata da pioggia e nebbia incessanti e da insegne pubblicitarie dai colori sgargianti, tutti elementi tipici del neo-noir. Inoltre, un’ulteriore differenza tra i due film, è costituita dall’elemento centrale della città: non più una torre, bensì una ziggurat, quella della Tyrell Corporation.

Il fumetto d’autore di Moebius, la pittura di Edward Hopper, il design d’alta scuola e le conquiste moderne dell’architettura (tra le location si distinguono il Bradbury Building, l’interno della Union Station di Los Angeles e la Ennis House di Frank Lloyd Wright) modulate dall’estetica pubblicitaria determinano un universo nel quale il futuro prossimo ha l’aspetto fatiscente di un mondo antico ormai metabolizzato e superato.


Bibliografia

Guida al cinema di fantascienza, M. Tetro, G. Pizzo, R. Chiavini, ODOYA, 2020;

Il cinema fantastico volume 2, S. Bianchi, G. Carlevero, A. Ferrari, M. Garofalo, J. Ghilardotti, S. Lusardi, Mondadori, 2005;

Storia del cinema. Un’introduzione, K. Thompson, D. Bordwell, J. Smith, McGraw-Hill Education, 2022;

Sitografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/architettura_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/;

https://www.ecodibergamo.it/stories/eppen/extra/tecnologia/lorenzo-fantoni-le-citta-del-futuro-forse-le-abbiamo-gia-viste-nei-film-di_1431329_11/;

https://blogs.indiecinema.it/film-distopico/;

https://www.cinescuola.it/scenografiacomponenti/;

https://www.cinefacts.it/cinefacts-rubrica-dettaglio-74-8/larchitettura-distopica-parte-1-metropolisblade-runner-brazil-akira-cinerama-07.html;

https://www.elledecor.com/it/architettura/a21052313/blade-runner-architettura/;

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https://centridiateneo.unicatt.it/bioetica-Blade_Runner_Scheda_cinematografica.pdf;

https://www.treccani.it/enciclopedia/metropolis_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/;

https://www.geniuslociarchitettura.it/2017/05/29/architettura-e-cinema-di-carlo-gibiino/;

http://fondazione.cinetecadibologna.it/archivi-non-film/archivicartacei/metropolis_blasetti

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