Gli anni ’70 sono passati da tempo, ma qualche eco di quel periodo forse è rimasto ancora, o almeno è quello che sembra guardando Bastardi a mano armata (trailer), l’ultimo film di Gabriele Albanesi. Al suo terzo lungometraggio, il regista romano rende infatti omaggio al genere poliziottesco, tanto trattato circa cinquant’anni fa. Il film è stato lanciato in anteprima su Sky giorno 11 febbraio e successivamente inserito nella piattaforma Amazon Prime Video esattamente un mese dopo, l’11 marzo. La pellicola è prodotta da Minerva Pictures con Rai Cinema, in collaborazione con Amazon Prime Video e in coproduzione con la casa brasiliana Boccato Productions.
Il cast è composto da attori ben noti al pubblico: troviamo come protagonista Marco Bocci, conosciuto già per diverse serie a sfondo criminale come Romanzo Criminale – La serie o Squadra Antimafia; Peppino Mazzotta noto a livello più ampio per aver interpretato Fazio all’interno della famosissima serie Il commissario Montalbano; Fortunato Cerlino visto già in Gomorra nel ruolo di Pietro Savastano; l’attrice brasiliana Maria Fernanda Candido, protagonista nel film di Bellocchio Il traditore e infine la giovane attrice emergente Amanda Campana presente nella serie Netflix Summertime. All’inizio del film troviamo rinchiuso in una prigione in Algeria Sergio Diotallevi, che viene liberato da un personaggio misterioso attraverso la grazia presidenziale, il quale però in cambio lo incarica di fare irruzione in una villa di campagna per cercare dei documenti. Nella villa, Sergio si scontrerà con la famiglia borghese che vi abita, prendendola in ostaggio. La situazione degenera, soprattutto con l’arrivo in scena di un ospite inaspettato, al punto da portare a galla verità nascoste che vanno ben oltre il semplice recupero di documenti.
Albanesi si era già mostrato un amante dei film di genere con i suoi precedenti lavori, i quali si incentrano più sull’horror (Il bosco fuori; Ubaldo Terzani Horror Show), mentre con questo film riprende in una versione contemporanea, come detto all’inizio, il genere poliziottesco degli anni ’70, un genere figlio del clima di tensione che si respirava all’epoca a causa dei cosiddetti “anni di piombo”. Infatti, in Bastardi a mano armata vediamo i criminali come protagonisti assoluti, i quali si fanno giustizia da sé muovendosi per vendetta, mentre le istituzioni statali, oltre ad avere pochissima presenza, quasi nulla, sembrano essere addirittura nelle mani dei boss della malavita. In tutto questo si aggiunge una leggera pennellata di erotismo che nel cinema di genere è spesso presente. Ulteriore conferma di questo revival poliziottesco è la scelta degli sceneggiatori Luca Poldelmengo e Gianluca Curti (quest’ultimo anche produttore), che poco prima di Bastardi a mano armata avevano collaborato alla scrittura del film Calibro 9, diretto sequel del più famoso Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo del 1972.
La storia si svolge quasi interamente all’interno della villa, se non per qualche flashback. Vi è una fotografia fredda combinata ad un abile uso della steadycam la quale ci porta in giro per la casa e capace di creare anche una sana dose di tensione, fattore che contribuisce al non far cadere la narrazione nella noia. Nonostante ciò, il film prende delle pieghe prevedibili in certi punti, con rari colpi di scena, senza riuscire mai a spiccare il volo. Inoltre la recitazione di alcuni personaggi, come quello interpretato da Maria Fernanda Candido, in certi momenti va un po’ sopra le righe, mostrandosi palesemente artificiosa. D’altro canto però la triade Bocci-Mazzotta-Cerlino si dimostra adatta al genere di riferimento, con tutti e tre gli attori efficaci nei rispettivi ruoli, soprattutto il primo, il quale accosta bene la sua fisicità rude e minacciosa ad uno sguardo di sofferenza: si incarna così nell’antieroe, che prende sulle sue spalle il peso della società corrotta e ne diviene quasi un salvatore, creando un effetto catartico nei confronti del pubblico.
Nel complesso Bastardi a mano armata può essere considerato un film godibile se si ha un’ora e mezza a disposizione e soprattutto per chi ha interesse nel filone crime, ma senza nutrire troppe aspettative: non è una visione che richiede grande sforzo. Possibilmente un appassionato di cinema, durante la fruizione, potrebbe provare un senso nostalgico nel ricordare le ormai datate pellicole poliziottesche, ma niente di più. Ad ogni modo, è piacevole riscontrare lungo il film qualche schizzo tarantiniano, che è sempre utile per mantenere vigile l’attenzione. Sorge anche una domanda: questo film rappresenta realmente un semplice omaggio al poliziottesco degli anni ’70? Oppure desidera addirittura spingersi a sondare la possibilità di una seconda ondata di questo filone, visti gli anni di crisi e insicurezza, nazionale e internazionale, che ormai stiamo vivendo già da un po’?