Quadrophenia: rimpianto di una generazione decadente

Quadrophenia approfondimento sul film tratto dal disco di The Who

La Vespa GS pronta a sfrecciare per i vicoli di Brighton; i capelli tagliati al punto giusto; i jeans Levi’s perfettamente stirati; il parka verde militare che cade come un velo sulla camicia Ivy League. Questo era ciò che contava per un vero Mod: i dettagli. Erano i piccoli particolari, più di ogni altra cosa, a renderne autentica l’identità. Le giacche di pelle e i capelli lunghi erano roba da spiaggia, per quei Teddy Boys che passavano le giornate ad ascoltare Elvis e i Beatles. Piuttosto, era molto meglio lasciarsi andare in un locale nascosto a Shepherd’s Bush, ingoiare un paio di pillole di anfetamine e sperare di tornare integri a casa la mattina dopo. Nel 1965 il giovane Jimmy Cooper – e molti altri come lui – avrebbe fatto di tutto pur di affermare la sua appartenenza ad un gruppo di Mods. Non sapeva, ingenuo, che il declino del periodo Mod fosse già cominciato da un pezzo. È questa la storia di Quadrophenia (trailer), il film prodotto da The Who, la Mod band per eccellenza, e tratto dal loro omonimo disco del 1973. È l’immensa celebrazione di una sottocultura che, nel momento in cui viene ritratta, è inconsapevolmente impegnata a rimpiangere la sua epoca d’oro e pronta a lasciare la scena a nuove mode e nuova musica.

La vicenda produttiva del lungometraggio parte da premesse piuttosto solide. Nella seconda metà degli anni Settanta gli Who erano in un periodo di pausa musicale e in una situazione economica tanto rigogliosa da potersi permettere di produrre un secondo film. Quadrophenia non sarebbe stato, infatti, il primo film realizzato dalla band: l’album Tommy aveva già ricevuto un adattamento cinematografico in chiave musical nel 1975, riscuotendo grande successo al botteghino e tra la critica britannica. La regia del nuovo film fu affidata a Franc Roddam (che dopo qualche anno avrebbe inventato il format televisivo Masterchef), a cui fu messo a disposizione un budget di 3 milioni di dollari. Quadrophenia fu presentato in anteprima al festival di Cannes del 1979, insieme ad un documentario sulla band (The kids are alright), per poi essere distribuito nelle sale inglesi dal 16 agosto dello stesso anno.

Prima di approfondire il film è doveroso, ovviamente, fare riferimento all’album originale, in quanto già all’interno di quest’ultimo sono presenti i temi fondamentali della sua trasposizione per il grande schermo. Quadrophenia è un’«opera rock», come viene definito più volte dallo stesso Pete Townshend, leader e chitarrista della band, nel booklet introduttivo del disco. In questo modo il compositore descrive l’indole narrativa dell’album, la sua volontà di raccontare una storia, o meglio, in questo caso, un ricordo. Il suo predecessore Tommy aveva già mostrato al grande pubblico una tendenza embrionale verso questo tipo di composizione, e di certo gli Who non furono gli unici a creare un’opera di questo tipo (basti pensare che qualche mese prima i Pink Floyd rilasciarono The dark side of the moon); ciò non toglie che Quadrophenia rappresenti ancora oggi uno dei tentativi più riusciti che il genere dell’opera rock abbia mai conosciuto, nonché un modello fondamentale per i decenni a venire.

Quadrophenia approfondimento sul film tratto dal disco di The Who

Il racconto musicale degli Who vede come protagonista un giovane Mod, Jimmy Cooper, che decide di recarsi su uno scoglio a Brighton per ricordare un’ultima volta le sue scorribande passate, prima di dire addio una volta per tutte alla sua vecchia vita. Le diciassette canzoni dell’album, in realtà un disco doppio, descrivono dettagliatamente la decadente cultura Mod di metà anni Sessanta (Cut my hair); la frustrazione di Jimmy come individuo, lavoratore e Mod (I’m one, Dirty Jobs, I’ve had enough); la fuga da Londra a Brighton e l’arrivo sullo scoglio (5:15, Sea and sand); infine, la crisi emotiva di Jimmy, stanco della vita e costretto a scegliere tra il cambiamento e il suicidio (Dr. Jimmy, The rock). Il risultato è un’opera musicale di estrema complessità: le tracce originali si fondono con i ricordi delle origini della carriera degli Who, attraverso la ripresa di vecchie canzoni e di campioni sonori registrati dal vero, mentre quattro temi principali vengono richiamati ciclicamente fino a mescolarsi tra loro. Non solo le parole ritraggono le ossessioni di Jimmy, il suo essere “quadrofenico”; a parlare è anche la musica, che restituisce perfettamente l’esperienza di un adolescente indeciso, al limite della follia.

Chiaramente gran parte dei brani presenti nell’album furono adottati per la colonna sonora del film. A curarla fu proprio John Entwistle, che modificò alcune delle sue originali linee di basso e lavorò su un nuovo mix per molte delle canzoni. Infatti furono registrate nuovamente le parti di batteria, suonata da Kenney Jones, in seguito alla tragica scomparsa di Keith Moon. Insoddisfatto del risultato finale fu Roger Daltrey, che già si era mostrato dubbioso riguardo alla produzione dell’album: sosteneva, infatti, che la sua voce fosse molto penalizzata in entrambe le versioni del mix.

Per una buona resa del personaggio di Jimmy, Roddam si dedicò ad una minuziosa ricerca, speranzoso di reperire qualsiasi tipo di materiale che documentasse dettagliatamente le abitudini dei Mod. Dunque fu inevitabile e di vitale importanza rivolgersi ad alcuni Mod della scena originale, tra cui Irish Jack Lyons. Quest’ultimo, oltre ad essere un grande amico della band sin dai primissimi tempi, fu dichiaratamente il modello principale a cui Pete Townshend si ispirò per creare il protagonista del suo album. Fu proprio in presenza di Irish Jack – a quanto dichiara lui stesso – che Roddam trovò l’interprete perfetto per il ruolo di Jimmy: Phil Daniels. Il giovane attore era appena apparso in Hanging around di Barry Keefe, dove erano già evidenti la sua frenetica parlantina, la sua voce un po’ rauca e, non meno importante, la sua lampante somiglianza con il Townshend di qualche anno prima. Tra il cast spicca anche la figura di Sting, scelto per interpretare la parte di un capobanda Mod, al quale furono assegnate pochissime battute (si dice che questo fosse dovuto alle scarse capacità attoriali del cantante).

Quadrophenia approfondimento sul film tratto dal disco di The Who

Pare che, una volta confermato il cast, tutti gli attori siano stati costretti ad una “convivenza forzata” in una sorta di boot camp organizzato da Roddam ed Entwistle; l’obiettivo (riuscitissimo) dell’esperimento era ovviamente quello di rafforzare lo spirito di gruppo, tipicamente Mod, che i personaggi avrebbero raccontato nel film. A dare man forte al regista sul set ci fu Roger Daltrey, che rappresentò la band in assenza dei compagni, che erano alle prese con la realizzazione della colonna sonora. Le riprese iniziarono nel settembre del 1978 e la prima sequenza ad essere girata fu lo scontro tra Mods e Rockers sulla spiaggia di Brighton. Le numerosissime comparse arrivarono a confondersi con i ragazzacci del posto, i quali, inconsapevoli che si trattasse di un film, accorsero per unirsi alla rissa. Iconico è il finale del lungometraggio: Jimmy, in sella alla sua Lambretta, si reca sullo scoglio e la lascia precipitare in mare. Se dunque il disco presenta una conclusione ambigua, in quanto lascia l’ascoltatore all’oscuro della decisione del protagonista, non c’è dubbio che nel film il personaggio di Phil Daniels trovi finalmente la sua strada: Jimmy è finalmente pronto a crescere e lo dimostra abbandonando, con la sua vecchia vita, il suo amatissimo scooter.

Perché, in fondo, Quadrophenia è il canto del cigno di un’intera generazione di adolescenti; Jimmy, cercando di diventarne l’emblema, finisce per esserne l’ultimo testimone. È ormai il 1965: i dischi della Motown stanno passando di moda, nessuno ha più il coraggio di rasarsi i capelli e i locali come il Goldhawk sono sempre più desolati. Lo stesso protagonista, pensando di essere schizofrenico, si ritrova abbandonato da tutti i suoi amici, ancora ingenui e determinati a diventare veri Mod. Ma è il momento di guardare al futuro e lasciare che le band underground e le anfetamine siano solo un bel ricordo. Una generazione frustrata, quella dei Mod, ma Cooper trova finalmente il modo per uscire di scena in silenzio, senza farsi notare, come farebbe un vero Mod. Jimmy è pronto a crescere, pronto ad entrare al mondo degli adulti, pronto a trasformare la sua rabbia da adolescente in emozioni superiori, come l’amore. Ce lo dice proprio Pete Townshend, con il titolo del capolavoro che conclude l’album: «Love, reign o’er me».


BIBLIOGRAFIA

Baciocchi A., Quadrophenia. Gli Who, la storia del disco e del film che hanno definito un genere, Edizioni Interno4, Firenze 2023

Hewitt P., Mods. L’anima e lo stile, Arcana, Roma 2002

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