Immaginate di poter riportare temporaneamente in vita la coscienza di un vostro caro appena scomparso per potergli dare un ultimo e definitivo addio: cosa fareste? Come reagireste di fronte alla prospettiva di ottenere altro tempo, seppur limitato e a pagamento, con chi amavate di più? Queste le premesse da cui parte Piero Messina nel suo nuovo film, Another End (trailer), presentato in concorso all’ultima edizione della Berlinale.
Siamo in un futuro prossimo (o in un presente alternativo?) in cui la società Aeterna ha messo a punto una nuova tecnologia, Another End, che consente a chi ha recentemente subìto una perdita di impiantare i ricordi dell’Assente nel corpo di un Locatore, un ospite su commissione. Ma attenzione: la durata degli incontri concessi è limitata, e determinata secondo un non meglio specificato parametro di compatibilità tra Assente e Locatore. L’unica regola da rispettare è il non fare mai riferimento alla “simulazione” in presenza del corpo ospitante la memoria ma stare al gioco, pena conseguenze permanenti per la coscienza del Locatore.
Obiettivo della suddetta tecnologia è offrire una graduale ed efficace elaborazione del lutto, in particolar modo se questi è stato improvviso: eppure, come accettare l’idea di trovarci di fronte alle sensazioni e ai pensieri della nostra perdita ma in un corpo a noi del tutto estraneo, per di più appartenente ad una persona vivente che cede ad un simile compromesso in cambio di denaro? Con questo scetticismo dovrà venire a patti Sal (uno struggente Gael García Bernal), un uomo che fatica ad accettare la morte della compagna Zoe, scomparsa in un incidente d’auto mentre era egli stesso alla guida. Da tempo, ormai, il protagonista non riesce ad esorcizzare i propri sensi di colpa, al punto da desiderare di morire e tentare la via del suicidio. Sarà, quindi, sua sorella Ebe (Bérénice Bejo), dipendente dell’Aeterna, a convincerlo a fare ricorso alla tecnologia di Another End. In Sal si fa così strada l’idea di un’altra fine, non di un addio improvviso, ma di una separazione meditata e attesa.
Tuttavia, il rischio, ben prevedibile fin dall’inizio, di cedere all’avidità si fa sempre più tangibile: Sal non si accontenterà del numero di incontri prestabiliti e arriverà a non saper più discernere tra mente (quella di Zoe) e corpo (della Locatrice, una misteriosa Renate Reinsve), tra realtà e simulazione, sprofondando a poco a poco in un vortice di perdizione.
In un momento storico come questo di crescente preoccupazione per l’impatto dell’IA sulle nostre vite, Messina solleva dubbi di natura bioetica circa la morte e la tecnologia, l’anima e il corpo e il tema faustiano di accettazione del carattere effimero dell’esistenza umana. Sebbene le premesse di gran lunga interessanti e un’inquietante sequenza iniziale – magistrale dal punto di vista registico – il film va incontro a frequenti cali di tono. La mancata scelta di privilegiare l’aspetto sci-fi o quello sentimentale dell’opera indebolisce la sceneggiatura, dando vita ad un risultato simile ad un episodio di Black Mirror con colpi di scena à la Il Sesto Senso, che hanno l’ambizione di stupire lo spettatore ma che risultano piatti e prevedibili.
Dal 21 marzo al cinema.