«Voglio un amore che ti consuma». Disse Carrie nel finale di stagione di Sex & The City. Un amore che, una volta varcata la soglia di un hotel di lusso parigino, Carrie ha trovato in Mr. Big, l’unico uomo che la nostra giornalista peperina abbia mai davvero amato. Salvo poi, morire fra le sue braccia. Era così che si apriva, inaspettatamente, il revival di una delle serie più amate andate da intere generazioni in onda negli anni Novanta, che settava al contempo anche un cambio di rotta nel tono e nell’atmosfera dell’intero show.
And Just Like That, (trailer) con il suo ritorno su HBO, era riuscita a riallarciarsi così alla serie madre e ai film successivi, consapevolizzandosi e decidendo che era arrivato il momento di raccontare altro, dialogando con pubblico più eterogeneo. Al punto in cui erano arrivate le protagoniste, con i sessant’anni (quasi) alle porte, la scelta di raccontare in che modalità delle donne – definitivamente – adulte si confrontavano con una nuova realtà, fatta di social, podcast, mode alternative, body positive e sesso no tabù, aveva fatto presa sugli spettatori, sia neofiti della serie che veterani. Ma, con la seconda season sbarcata su NOW all’inizio dell’estate, sembra che qualche ingranaggio dello show si sia inceppato. Il risultato? Una narrazione incolore e poco accattivante, che nell’intento di ripercorrere lo stesso binario di Sex & The City, ci si è drasticamente schiantata.
Siamo, intanto, di nuovo a New York. Carrie (Sarah Jessica Parker) è alle prese con la pubblicità del suo ultimo romanzo che, rullo di tamburi, parla del lutto e di Mr. Big (Chris Noth). Mentre è in sala registrazione per farne un audio libro scopriamo quanto per lei sia ancora molto difficile accettare l’idea che l’uomo della sua vita non ci sia più. Intanto, Miranda (Cynthia Nixon) e Che (Sara Ramirez) cominciano ad assaporare le prime vere turbolenze di coppia fino a quando, come per magia, capiscono che è arrivato il momento di dirsi addio. Charlotte (Kristin Davis), nel mentre, decide invece di riprendere a lavorare nelle gallerie d’arte, svestendo (finalmente) i panni della madre e della moglie per poter tornare in pista e sentirsi felice.
I tre filoni narrativi principali, che di tanto in tanto si intrecciano, rimangono questi per And Just Like That 2. E se non fossero stati intaccati da racconti di altri personaggi, con molta probabilità, lo show avrebbe potuto far divertire di più. Purtroppo, invece, la macro-trama viene appesantita da una serie di storyline sconnesse fra loro, appartenenti a characters secondari, frammentando in maniera eccessiva l’intero discorso. Perdersi, perciò, diventa semplice, causa la precaria linearità, che si lega a doppio giro con lo scarso equilibrio delle progressioni. Sono storie che si aprono ma non si chiudono, rimangono sospese, indecise e indecifrabili. Scariche. Che non hanno lo scopo di apportare un miglioramento alla story principale, ma solo grande confusione.
È da questa soluzione di continuare a maneggiare su personaggi poco affascinanti che la serie perde di mordente, affaticandosi e annegando all’improvviso. Ed è sempre da qui che And Just Like That 2, inconsapevolmente, confessa di essere in difficoltà nel gestire l’abbandono di Kim Cattrall nei panni della femminista Samantha Jones, colonna portante dello show e portatrice di tematiche come l’indipendenza e la libertà individuale. La conferma la si trova proprio nel finale, in quei settantacinque secondi pagati a Cattrall un milione di dollari, in cui l’attrice fa la sua comparsa e risolleva una stagione rotolata nel buio. E che, facendo qualche previsione, finirà nel dimenticatoio, insieme allo sfiancante, inutile e monotono ritorno di fiamma fra Carrie e Aidan. Forse, l’unica cosa davvero intramontabile e sempre bene accetta, che ritroviamo anche in And Just Like That 2, è il Cosmopolitan. Perché almeno, quello, non si può cambiare.
Sopravvivi alla notte e il giorno sarà più luminoso.