Nicolas Winding Refn è un regista che si è sempre distinto per l’elaborata ed eloquente messa in scena, refrattario alle grandi produzioni della morsa hollywoodiana e legato a temi riguardanti la malavita e il mondo della droga. Dopo diversi successi, come la trilogia del Pusher e Bronson, e altrettanti insuccessi, il regista danese arriva alla consacrazione grazie a Drive (trailer), film del 2011 con Ryan Gosling, anch’egli lanciato nello stardom. Per celebrare l’anniversario dei dieci anni dall’uscita del film, andremo ad analizzare l’opera di Refn facendo riferimento, infine, anche ad un altro film da cui il regista ha tratto ispirazione.
Basato sull’omonimo romanzo di James Sallis e sceneggiato da Hossein Amini, Drive racconta la storia di un ragazzo (Ryan Gosling) che, oltre a lavorare in un’officina e come stuntman, arrotonda il proprio stipendio fornendo un aiuto per le rapine grazie alla sua peculiare abilità: essere un esperto pilota d’auto. Il protagonista conosce una ragazza (Carey Mulligan) e suo figlio che gli cambieranno completamente la vita. L’amore che matura per la donna nelle successive parti del film porta il protagonista ad intromettersi involontariamente in un giro d’affari della malavita molto pericoloso, tanto da compromettere la sicurezza dell’amata e del suo bambino.
È interessante studiare come il film riesca a produrre un coinvolgimento emotivo di forte impatto. Il direttore della fotografia Newton Thomas Sigel ha lavorato per offrire un’opera più suggestiva possibile. Infatti, è semplice individuare una moltitudine di dicotomie all’interno dello sviluppo narrativo (buono/cattivo, amore/morte) e come esse vengano espresse attraverso un gioco di luci e di inquadrature strabiliante. Luci calde e fredde si alternano per esaltare differentemente sensazioni ed emozioni. Per esempio, la luce calda che permea lo spazio mentre il pilota guida un’auto con a bordo la donna, incentiva la sensazione di calore, di un sentimento forte che sta per nascere, come in questo caso l’amore, rispetto alla luce fredda della notte, durante la quale allignano sensazioni di preoccupazione e di inquietudine. Una struttura del film, a tratti proteiforme, che vede la sua massima intensità nella scena ambientata nell’ascensore con l’uomo e la donna in un momento di incontro reciproco che, poco dopo, è costretto a concludersi bruscamente con la successiva scena violenta e insostenibile.
Oltre al facile encomio per la fotografia e la regia, quest’ultima premiata a Cannes nel 2011, è necessario menzionare alcuni adombramenti che il film si concede. Un uso della fotografia attentamente calibrato e suggestivo costeggia l’aspetto narrativo e la profondità dei personaggi, due elementi fortemente ostacolati da un bozzettismo irremovibile. Scarsa è l’attenzione riservata alla vita dei personaggi che, forse anche volutamente, non viene approfondita, e sarebbe stato gradito qualche dettaglio in più della vita dei malviventi, tutti facilmente dimenticabili. Un eroe ieratico che, per salvare l’amata dai violenti, ricorre ad altrettanta violenza e nulla più. È molto evidente una sterilità nelle diverse tematiche, soprattutto quella di carattere amoroso: ritroviamo un incontro uomo-donna che esclude ogni possibile sviluppo eliminando già in anticipo le basi sulle quali si sarebbe potuto modellare un qualcosa. Ma d’altro canto, anche attraverso una regia d’alto livello, si tramuta l’incompatibilità tra i due amanti trascinante, lasciando in alcuni momenti col fiato sospeso.
Quasi in secondo piano un altro tema ricorrente nel film, quello dell’incapacità da parte dell’uomo di modificare i propri istinti. Un argomento che è presente nel dialogo tra il pilota e il bambino (non esistono squali buoni, ma solo cattivi) e nella favola della rana e dello scorpione citata espressamente dallo stesso protagonista. Difatti la forma dello scorpione stampata sul giubbotto che ha sempre addosso il pilota indica l’indole del personaggio principale, pronto anche a rischiare la vita a causa della sua predisposizione a compiere azioni immorali. Dopotutto, oltre a questa intermittenza tra violenza esplicita e momenti di assoluto candore romantico e vellutato, non si offre null’altro. Drive è divenuto un cult in tutto il mondo, aiutando economicamente anche il regista che, nonostante il formidabile successo, preferisce evitare le grandi produzioni. La fama del film è stata favorita anche dall’azzeccato abbinamento della colonna sonora. È bene infatti citare il tema musicale A Real Hero dei College & Electric Youth che si sposa grandiosamente con il film e ha lasciato un forte segno identitario nell’immaginario cinefilo.
È inevitabile non posare lo sguardo sul grandioso film diretto da Walter Hill, Driver: l’imprendibile (1978), da cui Winding Refn trae ispirazione. I due film inizialmente risultano molto simili, concedendoci di evidenziare parecchie analogie, come la predilezione all’utilizzo espressivo della luce o l’assenza completa dei nomi per identificare i due protagonisti. Nel film di Hill però, abbiamo l’opportunità di assistere ad un confronto tra il pilota (Ryan O’Neal) e gli agenti di polizia. Uno scontro tra le diverse parti che funziona ed è più avvincente rispetto al film di Refn. Il pilota dovrà tener testa ad un agente che non eviterà di prendere decisioni amorali pur di acciuffare il protagonista. Uno scontro, dove bene e male sono separati da una sottilissima linea, che alla fine, a sipario calato, non porterà né vinti e né vincitori. Una differenziazione che si renderebbe più profonda se si evidenziasse a livello contenutistico altri due elementi: il protagonista e gli inseguimenti automobilistici. Quest’ultimo aspetto viene intensificato in Driver l’imprendibile, mentre in Drive è come se vedessimo un’anestesia dell’azione, che ovviamente non manca, ma per quanto riguarda gli inseguimenti, essi sembrano essere trascurati al posto di una love story minimale. Il protagonista in Drive fa esplodere in sé emozioni contrastanti che fruttano atti di violenza e amore che il protagonista di Hill, forse, scruta superficialmente. Però, entrambi i film regalano allo spettatore un lavoro magistrale sul piano visivo, essendo il lavoro di Hill un neo-noir.
Per concludere, si potrebbe citare anche il più recente Baby Driver (2017) del regista Edgar Wright, ma sia questo film che l’antenato Driver: l’imprendibile meritano una meticolosa analisi a sé. Drive è disponibilie in streaming su Netflix.