Sono passati 45 anni e ancora abbiamo un trauma da sciogliere. Ancora non possiamo conoscere lo spazio profondo. Ancora non possiamo sopravvivere nella tana dello xenomorfo, riportato in sala da Alien: Romulus (trailer), diretto da Fede Alvarez (La casa, Man in the dark).
Nelle prime scene una navicella recupera da un meteorite il fossile di uno xenomorfo. Questo prologo ha un significato particolare. Un sapore metacinematografico. L’idea di recuperare una cosa del passato, vissuta tanti anni fa, è espressa anche dal film stesso. Alien: Romulus si rifà direttamente al primo film della saga, riportato alla luce come un fossile. Innanzitutto dal punto di vista narrativo, collocandosi sulla linea temporale dopo gli eventi di Alien. Soprattutto, però, dal punto di vista creativo. Grande uso di effetti artigianali. Ritmo da horror puro. Atmosfera claustrofobica. Tutti questi elementi ripresi da Fede Alvarez fanno di Alien: Romulus un discreto allievo del capolavoro di Ridley Scott – nella produzione del film.
Ovviamente Alien: Romulus non raggiunge i livelli del capostipite della saga – ma sarebbe un errore avere questa aspettativa. Alvarez non si inventa nulla, per cui manca il senso di novità (arrivati al settimo capitolo è più che normale). Mancano anche delle riflessioni filosofiche, riguardo la paura dell’ignoto o l’uso dell’intelligenza artificiale (oggi temi molto più concreti e quotidiani che nel 1979). Su questi due aspetti poteva poco Alvarez, che confeziona comunque un film con tante idee per sorprendere e intrattenere. Tutte le scene d’azione sono dirette con l’obiettivo (raggiunto) di esaltare l’inventiva narrativa: regia, montaggio, fotografia, effettistica sono a servizio della storia e permettono di gestire il ritmo crescente, scandito proprio da queste idee originali.
Sono queste idee a distinguere Alien: Romulus dai predecessori e a dargli una struttura molto solida. La storia è credibile, segue una logica (cosa su cui gli horror non si soffermano spesso). È il punto forte del film. Una storia classica, standard, ma una bella storia. I personaggi hanno il loro background, agiscono secondo i loro caratteri, ragionano e fanno le loro scelte in base alle loro conoscenze. Per questo si empatizza molto con loro, in particolare con la protagonista Rain – interpretata da una Cailee Spaeny (Civil War) pronta a prendersi l’Hollywood che conta. Per una buona parte del film, abbiamo di fronte una sceneggiatura puramente classica, ma quanto mai efficace.
Tuttavia, come un dolce non all’altezza rovina il ricordo dell’intera cena, l’ultima parte compromette la riuscita completa del film. Dopo aver raggiunto una chiusura più che soddisfacente, Alien: Romulus inciampa nel finale. Anzi, nei (falsi) finali. Il nemico è battuto, ma poi c’è ancora qualcosa che attacca i protagonisti. Sopravvivono, ma niente, ecco un’altra minaccia. Sconfitta anche questa, sembra ci si possa preparare ai titoli di coda, e invece no. Alvarez sente la necessità di intrattenere per altri venti minuti, ma il risultato è solo una conclusione incoerente con il resto del film. E non solo dal punto di vista narrativo: anche la messa in scena risente di questa confusione nella storia, con continui climax visivi annullati da quelli successivi.
La spiegazione di questa scelta non è immediata. Una possibilità è che il finale a sorpresa è uno degli stilemi dell’intera saga. Perciò, anche in questo caso, Alvarez si sta rifacendo al passato, imitando ciò che è venuto prima di lui. Forse, però, è proprio questa devozione cinefila ad averlo costretto ad un passo più lungo della gamba. Alien: Romulus soffre di ansia della prestazione: non bastava una storia semplice e circoscritta in un universo così ampio, con così tanta tradizione alle spalle. Alvarez si è sentito in dovere di dire la sua di fronte a dei predecessori così illustri. Forse l’obiettivo era sorprendere un pubblico esigente, iniziando a rispondere a domande che, però, nessuno stava ponendo.
Nel tentativo di non firmare un film “solamente” horror, Alvarez conclude Alien: Romulus in maniera sbrigativa e confusionaria. Il finale lascia l’amaro in bocca e, purtroppo, rischia di rovinare quello che sarebbe potuto essere uno dei migliori capitoli della saga.
Al cinema dal 14 agosto.