Dopo quasi settant’anni dalla sua uscita, guardare oggi Alice nel paese delle meraviglie (qui il suo trailer originale con lo stile tradizionale per l’epoca) risulta curioso per numerosi aspetti. Nel 1951, anno della sua uscita, l’industria cinematografica hollywoodiana era assolutamente diversa da quella che conosciamo oggi. Dopo anni in cui Walt Disney stesso aveva insistito perché il progetto prendesse vita, il film finalmente uscì nelle sale sotto la distribuzione della RKO Pictures per ricevere un’accoglienza non proprio entusiasta tra botteghino e critica, sia cinematografica che letteraria. Senza approfondire le motivazioni dell’insuccesso (e senza rispolverare le riedizioni, i tagli, i montaggi alternativi, che il film ha subito negli anni), appare interessante prendere in esame un aspetto in particolare del film e rapportarlo ai giorni nostri: il pubblico, o meglio il giovane pubblico che si approccia al linguaggio del film.
Grazie all’uscita del nuovo servizio in streaming Disney+, il giovane pubblico moderno si approccia a un prodotto pensato per un pubblico estremamente diverso. Se bisogna adottare un metodo che storicizzi il film nel caso sia uscito in un’epoca diversa, con Alice nel paese delle meraviglie questo approccio diventa inevitabile, poiché il suo linguaggio caratteristico spinge a un ragionamento sulle differenze nella ricezione del media da parte del pubblico, che cambia in base sia all’epoca che all’età (gli aspetti sono molti altri, come la cultura, l’istruzione, ecc). Alice nel paese delle meraviglie è di un’epoca lontanissima in cui i film d’animazione venivano ancora comunemente chiamati cartoni animati, ovvero quando l’approccio al genere era più irrazionale e assurdo. È difficile che oggi un film d’animazione non abbia un approccio comunque logico, attraverso una struttura organizzata su un soggetto di fantasia, quindi per forza di cose entrano in contatto con il giovane pubblico con un metodo più deduttivo.
Alice nel paese delle meraviglie, invece, risulta così folle da rendere difficile tratteggiare persino la trama: sembra la quintessenza del genere animato, che riesce a sfruttare appieno la possibilità di essere completamente slegato dalla logica della realtà. Se si dovesse interpretare il film attraverso un’ottica, non verosimile, ma che comunque ne ricerchi la logicità nel concatenamento delle azioni, Alice nel paese delle meraviglie ne uscirebbe sicuramente confuso: le soluzioni compaiono dal nulla per magia, i personaggi assumono forme di oggetti o animali per snaturarli, mentre le forme geometriche sono alterate, ovviamente per indicare la presenza di Alice in un ambiente fantastico in cui la verosimiglianza è un ricordo e la materialità del mondo è un limite da superare.
In questo mondo assurdo e coloratissimo, il giovane pubblico si muove con disinvoltura, rendendo superflua ogni deduzione interpretativa che tenti di decodificare il linguaggio del film per razionalizzarlo. Si può trovare un’allegoria del potere nel cruento episodio finale della Regina di cuori, oppure ammettere quanto sia divertente l’atteggiamento del Re di cuori che cerca attenzioni. Nella coreografia delle carte sembra ci sia un’influenza dell’espressionismo tedesco, però il giovane pubblico si concentrerà sull’intensità dei colori. Le critiche sollevano perplessità sulla modifica dei nomi dei personaggi rispetto al romanzo originale, tuttavia era giusto che ci fosse un lavoro radicale di adattamento perché funzionassero alcuni giochi di parole («Poiché questa è una porta di servizio, in cosa possiamo servirti?»).
Anche se Alice nel paese delle meraviglie appare didascalico nella morale che vuole trasmettere esattamente come ogni altro film d’animazione, oggi il suo approccio al pubblico appare ormai fuori dal tempo, figlio di un momento in cui il cinema d’animazione ricorreva a un approccio più sperimentale. Nella sua riedizione degli anni settanta il film ricevette un consenso da parte di un pubblico più incline a un film così irrazionale, che grazie a Disney+ Alice nel paese delle meraviglie potrà ritrovare un pubblico nuovo che sia alla ricerca di film più irrazionali in questo mare di cartoni animati fin troppo raziocinanti?