La storia della compagnia
L’autostrada A24, che collega Roma e Teramo, è anche detta “Strada dei Parchi”, poiché nei suoi 166 km di lunghezza è circondata dai paesaggi naturali delle colline e delle montagne di Lazio e Abruzzo. Alcuni piccoli paesi rurali visibili nel tragitto sono annoverati nella storia del cinema italiano per essere stati lo sfondo di diversi film del periodo neorealista. E fu proprio percorrendo questa strada e scorgendone i panorami che, nel 2012, l’imprenditore statunitense Daniel Katz decise di fondare la propria casa di distribuzione cinematografica.
Grazie al sostegno dei collaboratori David Fenkel e John Hodges, l’anno successivo, la A24 Film Company (sito ufficiale) riesce ad accaparrarsi i diritti della commedia A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, scritta e diretta da Roman Coppola. L’incasso al botteghino fu modesto e al di sotto delle aspettative, tuttavia permise a Katz e soci di investire nella distribuzione di nuovi film. Con grande lungimiranza, questa compagnia indipendente riuscì così ad assicurarsi i primi importanti guadagni, grazie al successo di opere d’autore molto discusse, tra cui Spring Breakers di Harmony Korine, Bling Ring di Sofia Coppola e Under the Skin di Jonathan Glazer.
Nel settembre del 2013, in seguito ad un accordo da quaranta milioni di dollari con DirectTV Cinema, la società acquista i diritti di Enemy di Denis Villeneuve, il cui trionfo di pubblico mette sotto i riflettori questa compagnia di distribuzione emergente. Nel 2014, infatti, la A24 inizia un sodalizio commerciale con la piattaforma Amazon Prime Video e, successivamente, tramite la cooperazione con Bank of America e J.P. Morgan, incrementa il suo credito finanziario che raddoppia nel giro di un mese. Questi movimenti garantiscono alla società migliori risultati al botteghino e un ampio successo di critica: Ex Machina, The Lobster, Room e The Witch conquistano infatti i cinema di tutto il mondo.
A partire dal 2015 la compagnia si cimenta anche nella produzione. La serialità televisiva è il primo ambito: viene finanziata la realizzazione delle sitcom The Carmichael Show, I’m Sorry e At Home with Amy Sedaris. Ma è proprio la produzione cinematografica ad accrescere ancor più il prestigio della società: Moonlight di Berry Jenkins vince tre Academy Awards, tra cui quello al miglior film, mentre Il sacrificio del cervo sacro, Mid90s e The Lighthouse raccolgono recensioni molto positive. Più recentemente, la popolarità di pellicole quali Midsommar, Diamanti grezzi e Minari ha procurato alla A24 un ruolo di dominio nel settore delle case di distribuzione indipendenti.
Quando il distributore diventa autore
Negli ultimi anni la recessione dell’industria cinematografica di “vecchio stampo” e il continuo successo dei servizi di streaming hanno portato al collasso di numerosi progetti a budget medio-alto. Nel mercato statunitense, la produzione di un film, per essere finanziariamente sostenibile, deve costare meno di due milioni di dollari o più di duecento. Qualunque prospetto che non rispetti questi parametri è considerato non realizzabile in partenza. Molti dei registi più importanti del Paese, non disposti ad accettare che il loro prossimo film debba essere girato con un iPhone o collegato al Marvel Cinematic Universe, hanno iniziato ad abbandonare la nave. Steven Soderbergh è “in pensione” e Spike Lee si rivolge a Kickstarter, mentre Steven Spielberg, ogni anno, predice l’implosione dell’industria.
Tuttavia, in un momento in cui i giovani vanno al cinema solo per assistere all’ennesimo blockbuster, la A24 si è affermata come la società più lungimirante del settore, rilasciando lungometraggi di medie dimensioni, raffinati e virtuosi. Il segreto sembra essere quello di trasformare in un’esperienza teatrale collettiva prodotti indirizzati a un determinato gruppo demografico, che preferirebbe guardare i film dal loro smartphone. Così facendo, la compagnia ha imboccato una strada del tutto nuova per il panorama del cinema d’autore di proporzioni modeste, colmando il divario tra gli indie micro-budget e i prodotti monolitici delle major.
Probabilmente, in ambito marketing, ciò che differenzia maggiormente la A24 dalle altre compagnie del settore è la sua presenza sui social media. Il famigerato account Twitter, gestito dalla dipendente Zoe Beyer, spazia in modo comico dai tweet sulle Spice Girls fino al trash talking su Tom Cruise, quando non ironizza su un prodotto della stessa compagnia. È vero che alla maggior parte del pubblico potrebbe non interessare chi stia rilasciando il film che viene proiettato, ma un’opera targata A24 richiede anche agli spettatori occasionali di considerare la fonte. È così che nasce il fandom. La A24 potrebbe non ispirare ancora la stessa cieca devozione negli spettatori cinematografici quanto la Criterion Collection nel campo dell’home video, ma è l’unico distributore indipendente che potrebbe farlo.
Quando venne chiesto ad Alex Garland, regista di Ex Machina, cosa gli fosse piaciuto del lavorare con la A24, egli paragonò le major ai transatlantici: «Per cambiare direzione ci possono volere anche diversi giorni. Le opere indie, invece, sono più dinamiche e fluide». La A24 è in rapida crescita perché nessuno ha mostrato maggiore agilità nella navigazione di un business che sembra variare costantemente rotta. Se il successo dell’azienda continuasse a ritmo sostenuto, potrebbe non passare molto tempo prima che un film a medio budget non sembri più un’eccezione alla regola. E potrebbe non passare molto prima che altre società seguano lo stesso percorso.