Presentato fuori concorso alla 75esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, A Star Is Born è l’ennesimo adattamento dell’opera omonima di Wellman del ’37. Un vicenda già proposta dal film di Cukor (A che prezzo Hollywood, 1932) e ripresa poi negli anni ’50 da un celebre musical con Judy Garland, e infine nel ’76 da Pierson – successi che hanno caratterizzato l’essenza della parabola squisitamente hollywoodiana del disgregarsi di una “star” al corrispettivo infiammarsi di un’altra – che può oggi apparire usurata da decenni di storia del cinema.
Coraggiosa (e tremendamente azzeccata) è quindi la scelta di Bradley Cooper di esordire alla regia proprio con questa pellicola, nella quale si cala anche nei panni di uno dei protagonisti, Jackson Maine. Affermato e ruvido country-rocker dalla pelle (anima) bruciata, tipico marchio della sua terra d’origine, l’Arizona, Jack è lacerato dalle turbolenti vicende familiari presenti e passate, con uniche costanti di vita la musica e l’abuso d’alcol e droghe. Cooper infonde la regia di una verve grezza quanto il suo personaggio, carico dell’ardore direzionale dell’attore che si scopre altro ma che rivela una saggezza da regista navigato. Quella struttura di fondo macinata dal tempo si rivitalizza ancora una volta nell’alchimia che cala sull’incontro tra il rocker (attore) e la sua nuova musa, Ally (attrice).
Ma chi è Ally? Ragazza non più così giovane che si esibisce in un drag-bar sprigionando il suo consapevole e spontaneo talento che, a detta delle imperanti etichette discografiche, mal si conforma al suo aspetto fisico. Ally, però, è soprattutto una spigolosa Stefani Germanotta spoglia delle esuberanti vesti di Lady Gaga, al naturale, essenziale, così come Cooper l’ha voluta per poterla dirigere attraverso una sguardo vergine e puro. Jackson Maine ne è rapito e la desidera accanto a se, lui che ha “portato via la voce” al fratello maggiore Bobby (Sam Elliott, con il quale si consuma una delle scene registicamente più intense degli ultimi tempi), convinto che il potere della parola arrivi davvero solo quando sale incontaminato dalle viscere.
L’incontrarsi, lo scrutarsi, lo scontrarsi di Jack ed Ally si dispiega nei forse troppi ma mai indigesti 135 minuti che racchiudono il sorgere dell’astro della eclettica Germanotta, che nel culmine divistico della “performance nella performance” giunge a sfiorare proprio la sua Lady Gaga, ustionando ciò che resta di un divorato Jackson.
Il film di Cooper non reinventa nulla, si inserisce in quel solco preesistente però caricandolo di un turbinio emotivo rinnovato, trascinante, complice anche l’apporto sapiente alla regia di una grandiosa colonna sonora, che manifesta una lucidità ed una attenzione al materiale originale (firmato ancora Cooper e Germanotta) che scandisce la travolgente relazione tra i due protagonisti.
A Star Is Born è un film che più classico non si può, ma così impetuoso e a tratti bruciante che le straordinarie performance dei due interpreti difficilmente lasceranno indifferenti una volta usciti dalla sala. La corsa agli Oscar è cominciata!
di Alessio Zuccari