La Rivoluzione francese è riuscita a conquistare la libertà, ma a scapito dell’uguaglianza. La Rivoluzione russa ha conquistato l’uguaglianza, sacrificando però la libertà. La storica militante comunista Luciana Castellina – fondatrice del quotidiano «Il Manifesto» – si pone la seguente domanda: riusciremo mai a vedere garantiti entrambi i diritti, libertà e uguaglianza?
16 millimetri alla rivoluzione (trailer) è il documentario di Giovanni Piperno presentato al Torino Film Festival 2023 e incluso dalla seconda edizione dell’UnArchive Fest nella rassegna Panorami italiani – per la valorizzazione del found footage italiano e della sua rielaborazione artistica. Concepito per essere proiettato nelle scuole e, dunque, individuando nei giovanissimi il suo primo target di riferimento, il film si propone di evocare e, auspicabilmente, trasmettere al pubblico – poi estesosi ai cittadini di ogni età grazie al coinvolgimento nel circuito dei festival – il bello del fare politica insieme, costruendo una fotografia nostalgica del clima di cooperazione sociale che il Partito Comunista Italiano aveva stabilito nel nostro Paese.
Il regista, dunque, rinuncia sin dal principio, da un lato, a raccontare con precisione storiografica gli eventi, dalla nascita allo scioglimento, che hanno segnato il percorso del PCI e, dall’altro, a rappresentare tutta la complessità di quello che Palmiro Togliatti – uno tra i dirigenti comunisti più influenti di sempre sul piano internazionale – definiva “partito-giraffa”, perché, proprio come l’animale, bizzarro ma reale.
Piperno, a seguito di un processo di visione e selezione svolto con evidente cura, ha attinto i filmati d’epoca mostrati in 16 millimetri alla rivoluzione dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD), che custodisce il patrimonio filmico del PCI. Si tratta in prevalenza di estratti da documentari di grandi autori del secondo Novecento italiano – Ugo Gregoretti, Ettore Scola, i fratelli Bertolucci, che, tra gli anni Cinquanta e Ottanta, hanno costituito il filone del cinema militante in Italia. Queste immagini di repertorio – la cui cifra stilistica distintiva è, non a caso, l’uso della pellicola 16mm – vengono nel film intervallate dagli scambi tra il regista e Castellina, le cui lucide e brillanti riflessioni bastano a rendere l’opera di Piperno preziosa. La tradizionale impostazione da intervista, con cinepresa poggiata su cavalletto che riprende in piano medio la storica militante, si alterna a stralci di una video call tra gli stessi interlocutori sopracitati, che, con la webcam del pc puntata solo su una porzione del volto e la visibile bassa definizione, ci richiamano alla memoria il tempo della pandemia di Covid-19.
Questo accostamento tra immagine cinematografica analogica e immagine digitale non prodotta per il cinema crea in diversi punti del documentario una dissonanza sottilmente irritante. Con ogni improvviso passaggio dall’una all’altra tipologia filmica, l’opera di Piperno perde di qualità tecnica. E lo fa anche per via della voce narrante fuoricampo, quella dello stesso regista, all’orecchio anche meno esperto evidentemente ‘non educata’ secondo le classiche regole della recitazione o del doppiaggio.
La presenza nel film di questo elemento dal carattere grezzo ha anche un risvolto positivo: ci avvicina al punto di vista personale che Piperno adotta nel suo racconto e ci pone sullo stesso piano dell’autore, senza mai alimentare il complesso d’inferiorità che facilmente potrebbe risvegliarsi in uno spettatore interessato, ma che non si sente ancora abbastanza informato rispetto ai fatti politici rappresentati. D’altra parte, il tono della narrazione è pacato, dolce e teneramente entusiastico, quasi bambinesco, dando al pubblico un’impressione di familiarità e suscitando il suo affetto.
Frugando tra i materiali dell’AAMOD, Piperno ha scovato, ai lati o nel mezzo della folla delle manifestazioni in piazza, tra i portavoce delle piccole sezioni del partito o come astanti alle riunioni delle stesse, e, ancora, con il microfono in mano intenti a porre insidiose domande a politici di rilievo, sua madre, sua nonna, un’amica di famiglia, la fidanzatina dei tempi della scuola e amici di vecchia data. Di suo padre il regista ha invece ritrovato la voce, anch’essa, in modo analogo alla sua, a commento di un documentario sul socialismo.
È proprio attraverso la condivisione, nella parte finale del film, di questi ritrovamenti che Piperno raggiunge il suo principale obbiettivo: far realizzare quanto l’esperienza comunista sia stata in grado in Italia di coinvolgere e di rappresentare una fetta ampissima della popolazione, indipendentemente da età, partecipazione politica e classe sociale di appartenenza. Al di là dell’ideologia politica, ciò che il documentario tiene a comunicare a noi spettatori del ventunesimo secolo è l’importanza e il valore del lottare collettivamente per il benessere comune, perché soltanto così è possibile cambiare le cose. E ne vale la pena anche se alla fine si perde.