#RomaFF19: 100 Litres of Gold, la recensione del film di Teemu Nikki

100 litres of gold recensione Dasscinemag

100 Litres of Gold, presentato in Concorso alla Festa del Cinema di Roma 2024, è una commedia del corpo e sui sensi. In tutti i sensi. Il regista Teemu Nikki lavora su vari temi, contenutistici e formali, ma sempre attraverso l’uso del corpo.

In primis, il corpo fa ridere. E via di cadute, svenimenti, risse da slapstick. Non solo, però: ci sono anche flatulenze, rutti, dissenterie. Nikki ripropone il black humor cinico e spiazzante di La morte è un problema dei vivi con il supporto di un lavoro sui corpi delle protagoniste, uno strumento comico molto efficace. La storia di 100 Litres of Gold va avanti ruotando attorno alla necessità delle due protagoniste, le sorelle Taina (Pirjo Lonka) e Pirkko (Elina Knihlä), di trovare i cento litri di birra del titolo per il matrimonio della terza sorella. I tanti eventi della trama, un po’ ripetitiva ma comunque coinvolgente, lasciano sempre dei segni corporei.

In particolare, Pirkko si porta avanti sempre più ferite, taglietti, bruciature sul viso. Ogni cosa che succede le provoca qualcosa sul corpo. Inoltre, ha un rapporto sensoriale con gli alcolici, per cui ha una passione smisurata: è sempre lei a proporre di assaggiare e annusare la birra, anche nei momenti più assurdi. Tutti le fanno notare che questa passione per l’alcol non la fa così bene, ma lei saprà quando smettere: quando diventerà gialla in viso. Un altro segno corporeo. Pirkko pensa e agisce secondo quei codici su cui è costruito 100 Litres of Gold.

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L’altra protagonista, Taina, ha un rapporto diverso con il corpo. Anche lei conosce e apprezza la birra, ma non esagera come la sorella, con cui, comunque, condivide grandi bevute. Per Taina, meno spensierata di Pirkko, il corpo è legato a un trauma. Si sente ancora colpevole per l’incidente in cui la sorella, la futura sposa, ha perso una gamba. Se lo sogna ancora la notte, in sequenze oniriche che restano impresse per la capacità di Nikki di toccare non solo la vista, ma anche gli altri sensi. Solo nel finale Taina scioglierà questo trauma, rivedendo il suo rapporto con il corpo ed esprimendolo in un modo nuovo.

Il corpo delle interpreti diventa uno strumento comico, quello dei personaggi diventa un elemento caratterizzante. Nikki, però, non si limita a questo: in 100 Litres of Gold viene coinvolto anche il corpo dello spettatore. L’intero film ha una messa in scena che chiama in causa tutti i sensi. Le sequenze dei sogni di Taina sono un esempio, ma anche la birra, l’elemento più ricorrente del film, è sempre percepita in tutte le sue componenti sensoriali. Si sottolineano suoni e rumori durante la lavorazione, ma anche il gusto all’assaggio, le consistenze, gli aromi fino a farli percepire anche allo spettatore. Per questo il film funziona: si parla del corpo attraverso il corpo. Contenuto e forma si concentrano sulla stessa cosa. Nikki ha le idee molto chiare, confermando il suo interesse nell’espandere l’esperienza di visione al di fuori della vista (come già fatto con Il cieco che non voleva vedere Titanic).

Riprendendo le caratteristiche principali dei suoi film precedenti, Teemu Nikki firma una divertente commedia dell’assurdo in cui ripropone i suoi temi e il suo linguaggio. 100 Litres of Gold è l’ulteriore prova dell’originalità di un regista che sta diventando sempre più un autore.

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