Prisma, la recensione della seconda stagione su Prime Video

Prisma, la recensione della seconda stagione

«Nosce te ipsum». Conosci te stesso. Questa era l’esortazione scritta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, massima che ha ispirato i più grandi pensatori, da Socrate a Nietzsche e che invitava l’uomo ad indagare dentro di sé, alla ricerca della propria essenza. Il tema dell’identità è sempre stato affrontato con grande attenzione e risulta essere particolarmente caldo oggi, soprattutto per la cosiddetta “generazione Z”, in ascolto delle proprie coscienze e attenta al rispetto di ogni tipo di diversità.

Naturalmente il cinema, mezzo per ritrarre l’umano nel rapporto con sé stesso e con l’altro, non può esimersi dall’affrontare il racconto di questo processo di autoanalisi, volto alla scoperta e alla comprensione del proprio io. Da questo punto di vista, uno degli esempi più interessanti e degni di nota è Prisma (trailer), serie originale Prime Video, di cui è da qualche giorno uscita la seconda stagione per la regia di Ludovico Bessegato. La prima stagione si era chiusa con l’incontro rivelatore in pullman di Andrea (Mattia Carrano) e Daniele (Lorenzo Zurzolo). Cos’è successo tra i due? Sapere la verità ha spinto Daniele ad allontanarsi? Prisma 2 riprende proprio da qui.

Torniamo a Latina, dove ritroviamo Andrea, Marco (Mattia Carrano), Carola (Chiara Bordi), Nina (Caterina Forza) e gli altri protagonisti in procinto di iniziare il nuovo anno scolastico. La storia continua a seguire le vite dei gemelli Risorio, completamente diversi ed emotivamente lontani. I due personaggi hanno un arco di trasformazione ben sviluppato: Marco, nel corso delle puntate, riesce piano piano ad uscire sempre di più dal suo guscio, imponendo la sua personalità e cessando di vivere all’ombra di suo fratello. Andrea, invece, che già nella prima stagione aveva iniziato un processo di profonda autoanalisi che lo aveva portato a scoprire la sua identità fluida, comincia a mostrarsi per quel che è, senza più limitarsi a farlo solo davanti allo specchio della sua cameretta.

La grande forza di Prisma risiede nella performance degli attori, che per quanto non risulti sempre impeccabile, è in grado di conferire alla serie ulteriore autenticità. A questo proposito sarebbe impossibile non citare Mattia Carrano che, nel doppio ruolo di Marco e Andrea dimostra una grande versatilità, riuscendo a dare a ciascuno una propria identità ben distinta e a comunicare al pubblico la complessità delle loro emozioni. Attorno a Carrano ruota un gruppo di altri giovani attori, più o meno conosciuti, come Lorenzo Zurzolo, Caterina Forza, Chiara Bordi, che offrono interpretazioni di livello che arricchiscono la narrazione con personaggi ben costruiti nelle loro sfumature.

Tuttavia, per quanto gli attori possano essere credibili, un prodotto come questo necessita anche di una sceneggiatura salda e ben scritta. Quella di Prisma risulta ben riuscita, grazie ai dialoghi realistici e incisivi nella loro semplicità e la capacità di costruire un equilibrio tra la leggerezza e il racconto di temi complessi. Tutto questo conferisce alla narrazione un ritmo accattivante che mantiene alta l’attenzione e l’aspettativa del pubblico.

Altro grande punto di forza è l’aspetto più tecnico legato alla regia di Bessegato, raffinata e attenta ai dettagli, che con uno stile elegante e contemporaneo cattura l’essenza delle storie e dei loro protagonisti. A questo si aggiunge una scelta precisa delle inquadrature, dei colori, della luce e della musica. La colonna sonora, curata da artisti emergenti e non, accompagna la narrazione con brani che riescono nell’intento di potenziarne l’impatto emotivo.

In un panorama come quello della televisione mainstream, Prisma rappresenta esattamente ciò che mancava, perché non si limita a planare sulla superficie delle cose, ma le analizza, scava nei loro abissi e lo fa con la semplice delicatezza di un gruppo di adolescenti alla ricerca di risposte, coloro che sentono ogni emozione con il doppio dell’intensità. La serie tv racconta le difficoltà nel processo di scoperta e accettazione della propria sessualità, legate alla paura del giudizio, le pressioni che giungono da una società ancora troppo poco inclusiva e la lotta per la difesa della propria identità di genere e del diritto di viverla liberamente, alla larga dagli stereotipi, dalle etichette e dagli ostacoli imposti dalle istituzioni.

In un periodo storico come quello che stiamo vivendo risulta più che mai necessario mettere in scena narrazioni di questo genere, alzare la voce quanto più possibile contro l’ignoranza di chi non sa accettare che il mondo non è solo bianco o nero, ma che tra questi c’è un’infinita serie di altri colori ed è proprio nelle sfumature e nelle diversità che risiede la vera ricchezza.

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